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La storia del Judo è il racconto di una disciplina nobile, oggi praticata in tutto il globo e capace di legare persone di ogni nazione. La sua origine è legata alla fondazione del Kodokan, la sede centrale della comunità mondiale del judo, da parte di Jigoro Kano nel 1882.
La storia del Judo: le origini della disciplina
Secondo l’UNESCO il Judo è il miglior sport per i bambini e ragazzi tra i 4 e 21 anni, in quanto promotore di una educazione fisica completa. Il Judo è qualcosa che va oltre le semplici arti marziali.
Coinvolge la mente, la filosofia, le regoli morali: il tutto per creare un metodo educativo.
Il fondatore: Kano Jigoro
L’origine del Judo è strettamente legata al contesto storico di quel periodo. Nel 1853 il Giappone, dopo anni di isolamento, fu costretto ad aprire le frontiere agli stranieri, a seguito della caduta dello shogunato Tokugawa, ultimo governo federale giapponese. Ci furono diversi cambiamenti, tra cui l’abolizione della classe dei samurai. L’occidentalizzazione del Paese portò ad un rigetto delle tradizioni, tra cui l’eliminazione della cultura guerriera, condizionata anche dallo sviluppo delle armi da fuoco.
Una delle arti in via d’estinzione fu quella del Jujutsu, arte marziale che serviva per annientare fisicamente l’avversario. Questa disciplina venne intrapresa da Kano Jigoro, che da giovane iniziò a praticare il Jujutsu come un modo per rafforzare il suo corpo fragile. Il suo merito è stato quello di mantenere i lati positivi del Jujutsu, unendoli a nuovi aspetti più utili alla nuova modernità.
Kano formulò che l’essenza del Judo stava nel “massimo uso efficiente dell’energia”, un concetto che considerava sia una pietra angolare delle arti marziali sia un principio utile in molti aspetti della vita. L’applicazione pratica di questo principio, avrebbe contribuito ad uno sviluppo umano e sociale, incluso un atteggiamento di prosperità reciproca verso gli altri, ma anche verso sé stessi. Lo scopo di questa nuova disciplina stava in una serie di principi da attuare per arrivare a una perfezione di sé stessi.
Nel 1882 decise di costruire il Kodokan, o Scuola per seguire la “Via”, dove negli anni avrebbe elaborato e migliorato i principi del Judo. Nello stesso anno decise di accettare l’impiego come insegnante alla Scuola dei Pari, dove diede vita al primo corso di Judo. Kono venne successivamente riconosciuto anche come il fondatore dell’educazione fisica giapponese, Nel giro di pochi anni questa nuova disciplina vide coinvolti più di 1500 studenti.
La successiva diffusione
Nel corso del ‘900 il Judo ebbe la sua diffusione anche fuori dal Giappone, dove intanto cominciarono a tenersi le prime gare. In Europa si cominciò a parlare di questo nuovo sport verso il 1915, ma soltanto dopo la fine della Prima Guerra Mondiale si ebbero le prime vere testimonianze. Due figure importanti furono Gunji Koizumi e Mikonosuke Kawaishi, due allievi di Kano che nel 1920 diffusero il Judo in Francia e Inghilterra.
In Italia, nonostante alcune testimonianze a inizio secolo, si comincia a parlarne a metà degli anni dieci. Figura di spicco fu quella di Carlo Oletti, marinaio che condusse corsi di judo per l’Esercito nel 1920. Fino al 1924 il judo in Italia resterà confinato nell’ambito militare. Successivamente venne fondata la Federazione Italiana Lotta Giapponese, inglobata del 1931 nella Federazione Italiana Atletica Pesante.
Il Judo alle Olimpiadi
Nel 1934 il Judo raggiunse l’apice della sua diffusione, grazie alla costruzione del Suidobashi, un edificio che divenne in breve tempo la “Mecca” dei judoki di tutto il mondo. Pochi anni dopo, nel 1938, un anziano Kano partecipò al dodicesimo Convegno Generale del Comitato Olimpico Internazionale, in rappresentanza del Giappone. La sua partecipazione fu talmente apprezzata che si decise di organizzare le Olimpiadi a Tokyo, evento mai avvenuto a causa del conflitto mondiale. Quella fu l’ultima impresa della vita di Kuno, che si spense nel maggio del 1938.
La Seconda Guerra Mondiale, che vide il Giappone fortemente coinvolto, ridusse la diffusione del Judo. Negli anni ’50 avvenne però una lenta ripresa. Nel 1956 si tennero a Tokyo i primi campionati mondiali. Nel 1964 il Judo divenne per la prima volta sport olimpico durante i Giochi di Tokyo. Come per ogni gara di combattimento, vennero attribuite quattro medaglie. Se nelle categorie pesi leggeri, medi e massimi fu un successo giapponese, nella categoria Open (senza limiti di peso) fu l’olandese Anton Geesink (campione del mondo nel 1961) a vincere la medaglia d’oro, tra lo stupore del pubblico di casa.
Inizialmente il Judo era aperto solo agli atleti maschi. Primo spiraglio si ebbe nelle Olimpiadi del 1988, dove a titolo dimostrativo vennero fatte lottare anche le donne. L’ammissione definitiva si ebbe quattro anni dopo, ai Giochi di Barcellona 1992. Ad Atene 2004 il Judo è diventato il terzo sport più diffuso all’Olimpiade, con 98 nazioni rappresentate.
Per l’Italia il primo oro olimpico arrivò nel 1980, a Mosca, grazie alla grande prestazione di Ezio Gamba nella categoria pesi leggeri. Per vedere trionfare un’azzurra si è invece dovuto aspettare fino a Pechino 2008, dove il primo posto è stato guadagnato da Giulia Quintavalle, sempre nella categoria pesi leggeri. Il judo per la selezione italiana prevede anche un piccolo record. Infatti l’oro olimpico di Fabio Basile, a Rio de Janeiro 2016 nel judo categoria 66 kg, è stata la duecentesima medaglia d’oro ottenuta dall’Italia alle Olimpiadi.
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La storia del Judo: i principi e i fondamenti
Il Judo si basa su tre principi. Il primo è quello dell’agilità, della non resistenza e dell’adattamento. Il secondo tratta di come utilizzare nel migliore dei modi le forze mentali e fisiche. Il terzo, molto caro a Kano, si riferisce all’intesa reciproca e armoniosa con sè stessi e con gli altri. Oltre a questi principi, nel Judo sono presenti alcuni fondamenti alla base della disciplina:
- Il Sensei. Letteralmente significa “colui che è vissuto prima” e si riferisce al maestro, l’insegnante.
- Il Dojo. È il luogo dove si pratica Judo. Non è inteso semplicemente come palestra, ma come lo spazio “dove trovare la via”.
- Lo scopo: far cadere l’avversario, immobilizzandolo schiena a terra, ma senza fargli male.
- Il rispetto. È un fondamento imprescindibile nel judo. Si basa sul rispetto dell’altro, dell’insegnante, dei compagni e dell’arbitro.
- Il Judogi. È la divisa con cui si pratica Judo e consiste in: ampio pantalone, giacca e cintura. Una particolarità è che sotto la divisa non bisogna indossare assolutamente nulla.
- Il Tatami. È la pavimentazione dove viene svolta la disciplina. Deve essere sempre pulito e igienizzato, per garantire la salute degli atleti.
- Il saluto. Ha una duplice funzione: intende sia l’inizio dell’attività, ma è anche una forma di ringraziamento. Prima di salutare è obbligatorio che l’atleta sia correttamente al proprio posto e con la cintura allacciata nel modo giusto.
- I gradi. Servono a valutare il livello tecnico, l’efficacia durante un combattimento, il grado di anzianità e il rispetto delle regole morali.
- I colori della cintura. L’ordine progressivo della cintura è bianca, gialla, arancione, verde, blu, marrone e la famosa cintura nera che dal sesto dan diventa bianco-rossa e per il nono e decimo completamente rossa.
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