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La storia del Karate è quella di una disciplina nata come arte marziale, ma che col tempo è diventata molto di più. Il karate è una scuola di vita, che insegna a trovare pace con sé stessi e a trovare la propria massima realizzazione, sorridendo alle avversità.
La storia del Karate: tra leggenda e realtà
A causa di una mancanza di fonti certe, è difficile descrivere con precisione la storia del Karate prima del 1800. Tuttavia i vari studi concordano sull’attribuire l’origine di questa disciplina alle isole Ryukyu, un arcipelago giapponese.
Da una di queste isole, quella di Okinawa, sono giunte fino ai giorni nostri quasi 600 anni di fonti che testimoniano l’esistenza di un’arte marziale riconducibile al Karate.
Le origini di Okinawa
Secondo le leggende nel XV secolo in quest’isola vennero vietate le armi alle persone comuni. Pertanto si svilupparono forme di lotta a mani nude o con attrezzi comuni, come i bastoni. In realtà le fonti evidenziano come le origini del Karate siano legate ad un impoverimento della classe alta. Infatti i nobili cominciarono a fare lavori artigianali, diffondendo quella che era un’arte segreta e riservata solo a loro: l’Okinawa-te. Quest’arte, tramandata segretamente da padre in figlio, significa “arte marziale di Okinawa”.
L’origine del Karate fu figlia della fusione di quest’arte segreta, il Te, e il Kenpo cinese e prevede la difesa a mani nude. In quei anni erano frequenti i contatti con i cinesi, che una volta giunti su quelle isole si fermavano a studiare le arti marziali locali. I più concordano che il Karate derivò quindi dal contatto e mescolamento delle due tradizioni.
La figura più importante di quell’epoca fu Kanga Sakugawa, il signore di Okinawa. Egli fu il primo maestro che provò una razionalizzazione e una codificazione della nascente arte marziale.
Il Karate tradizionale
Per avere una stabilizzazione e per poter cominciare a parlare di Karate tradizionale bisogna aspettare l’800. Oltre a Sakugawa, furono altre tre le figure importanti per la disciplina, tanto che insieme vengono chiamati “i quattro maestri”.
Sokon Matsumura fu il primo fondatore di una scuola di Tode (altro nome dell’Okinawa-te). Il suo pensiero di basava su tre principi chiave:
- La pratica dell’arte autoctona di Okinawa.
- L’arte giapponese della spada (Jigen-ryu).
- La pratica delle arti cinesi.
Matsumura strutturò quindi il Karate in maniera organica. Fu però merito del suo allievo Anko Itosu quello di introdurre nel 1901 la disciplina nelle scuole dell’epoca, rendendolo un perno dell’educazione scolastica. Il Karate passò quindi da essere una forma individuale, con un rapporto maestro-allievo, a uno sport potenzialmente praticabile in un gruppo numeroso. Per rendere il Karate consono all’insegnamento vennero creati determinati esercizi e per la prima volta si ebbe il maestro insito a gridare il nome del gesto da svolgere.
Quarto e ultimo maestro è Gichin Funakoshi. Grazie alle sue esibizioni a Tokyo nel 1922, la disciplina divenne famosa anche al di fuori dell’isola di Okinawa-te. A Funakoshi va attribuita anche la creazione dello stile Shotokan, che basa l’efficacia delle proprie tecniche su agili spostamenti e attacchi penetranti. Per il maestro il Karate era come “un sistema di disciplina interiore”, in grado di condizionare la vita di chi lo praticasse. Lui intese la disciplina come Karate-do, con do inteso come “la via”.
Fu nel secondo dopoguerra, grazie al Maestro Masatoshi Nakayama, che il Karate divenne una disciplina sportiva e agonistica diffusa in tutto il mondo. Negli anni ‘60 approdò anche in Italia grazie al Maestro Hiroshi Shirai che fondò la Federazione italiana di Karate.
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La storia del Karate: le nozioni alla base della disciplina
Il Karate mira a un qualcosa che vada oltre il praticare sport. L’obiettivo è quello di compiere un cammino, che porti al proprio compimento personale. All’interno di questa disciplina si sviluppano varie caratteristiche, dai principi guida fino al vestiario.
Le regole del Dojo Kun
Ogni scuola tradizionale insegna ai propri allievi a raggiungere la via, tramite dei principi morali. Ecco i più importanti:
- cerca di impegnarti costantemente
- cerca di essere giusto e sincero
- cerca di impegnarti con assidua costanza
- cerca di agire nel rispetto e nella cortesia
- cerca di acquisire l’autocontrollo
I principi guida del Maestro Funakoshi
Funakoshi, uno dei quattro grandi maestri, ha esposto i venti principi fondamentali del Karate.
- Non dimenticare che il karate-do comincia e finisce con il saluto.
- Nel karate non esiste iniziativa.
- Il karate è dalla parte della giustizia.
- Conosci prima te stesso, poi gli altri.
- Lo spirito viene prima della tecnica.
- Libera la mente.
- La disattenzione è causa di disgrazia.
- Il karate non si vive solo nel dojo.
- Il karate si pratica tutta la vita.
- Applica il karate a tutte le cose, lì è la sua ineffabile bellezza.
- Il karate è come l’acqua calda, occorre riscaldarla costantemente o si raffredda.
- Non pensare a vincere, pensa piuttosto a non perdere.
- Cambia in funzione del tuo avversario.
- Nel combattimento devi saper padroneggiare il Pieno e il Vuoto.
- Considera mani e piedi dell’avversario come spade.
- Oltre la porta di casa, puoi trovarti di fronte anche un milione di nemici.
- La guardia è per i principianti; più avanti si torna alla posizione naturale.
- I kata vanno eseguiti correttamente; il combattimento è altra cosa.
- Non dimenticare dove occorre usare o non usare la forza, rilassare o contrarre, applicare la lentezza o la velocità, in ogni tecnica.
- Sii sempre creativo.
L’abito e la cintura
Nel Karate l’abito è chiamato karate-gi ed è composta da una giacca (uwagi), da un paio di pantaloni (zubon) di cotone bianco e da una cintura (obi) che ne determina il grado. Altri termini per indicare l’abito sono keikogi e dogi. Fu Funakoshi a indossare per la prima volta il karate-gi, nel corso della sua celebre esibizione a Tokyo nel 1922.
Elemento più importante del vestiario del Karate è la cintura. Ci sono sei tipi di cinture che determinano i sei differenti gradi. Ad ogni cintura è assegnato un colore: bianca, gialla, arancione, verde, blu e marrone. Una volta arrivato al grado più alto, il marrone, si passa alla cintura nera che assume vari gradi d’importanza, detti dan superiori.
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