La shoah e lo sport: gli atleti che hanno subito le persecuzioni razziste

Dagli orrori portati dalla shoah e dall’ideologia nazista tedesca, nemmeno lo sport è stato risparmiato. Seppur lo sport avesse nel pensiero nazista un ruolo fondamentale neanche questo è stato sufficiente a salvare atleti e tecnici sportivi di origine ebrea e non.

Shoah e sport si sono incontrati e intrecciati troppo spesso e molte sono le storie di personaggi dello sport che hanno subito le torture naziste.

Lo sport durante la guerra e la shoah

Lo sport, come sappiamo, è parte fondante della vita di tutti i popoli e certamente quello ebreo non faceva eccezione. Max Nordau, nel 1898, spinse la comunità ebraica a concentrarsi sullo sport in quanto secondo lui “un popolo che vuole liberarsi può aiutarsi solo da sé” e lo sport secondo lui era un mezzo per ottenere quella libertà. Da quel momento molte società e gruppi sportivi ebrei nacquero.

Esempio di questo fu il gruppo sportivo di nuoto e calcio Sport Klub Hakoah. La squadra calcistica, in Austria, mieteva moltissimi successi e nel 1925 vinse il campionato nazionale scendendo in campo con la stella di Davide cucita sulla maglietta. Nel 1938, però, a seguito delle leggi razziali tutti i trofei della squadra vennero ritirati dalla federazione calcistica viennese e tutti i titoli a nome del Klub Hakoah furono cancellati dai registri. La maggior parte di quei giocatori, inoltre, ottennero nello stesso anno un viaggio di sola andata per i campi di concentramento.

Nell’ambito della ginnastica artistica, la stessa sorte toccò alle ginnaste ebree della squadra olandese che vinsero l’oro ai Giochi Olimpici nel 1928 che entro il 1943 furono tutte deportate in campi di lavoro. Neppure la campionessa di atletica Lili Henoch, appartenente alla nazionale tedesca, riuscì a sfuggire alla shoah.

Le Olimpiadi di Berlino del 1936

Nel 1936, dopo la promulgazione delle leggi razziali, le Olimpiadi dovevano svolgersi nella capitale tedesca. Fu un anno importante per la sorte di diversi sportivi che tuttavia, anche sapendo a cosa andavano incontro, non abbassarono la testa.

I nazisti avevano un’idea dello sport piuttosto spartana, fondata sull’agonismo e sulla competitività. In occasione di queste Olimpiadi, infatti, tentarono davvero di tutto per ottenere il maggior numero di medaglie e dimostrare la supremazia della razza ariana. Eclatante fu il caso di Dora Ratjen nell’atletica, ermafrodita che fu fatta gareggiare come donna ma di cui secondo molti il vero sesso era noto alle autorità nazionali.

Tanti furono gli atleti che cercarono di ribellarsi al sistema nazista che voleva escludere gli sportivi ebrei dalla maggiore competizione mondiale. La nazionale americana minacciò i tedeschi di non presentarsi alle competizioni se non avessero partecipato anche gli atleti di origine ebrea e Jesse Owens, vincendo 4 ori in quelle Olimpiadi fece abbandonare per l’imbarazzo lo stadio al Führer.

Lo sport nei lager

Anche all’interno dei campi di concentramento lo sport aveva un ruolo, purtroppo negativo. Spesso venivano organizzate gare tra i prigionieri e i soldati e la fine di questi incontri non sempre vedeva gli atleti tornare nel loro letto. È questo il caso del pugile italiano Leone “Lelletto” Efrati, costretto durante la sua prigionia ad Auschwitz a combattere con frequenza e ucciso brutalmente nel 1944 quando vince un incontro contro alcune SS del campo.

Anche le partite di calcio avvenivano nei campi con una certa frequenza e campioni internazionali come Ferdinando Valletti (Milan) e Eddie Hamel (Ajax) si trovarono costretti a parteciparvi. Nel campo di Terezin si tenne addirittura un campionato interno.

Purtroppo, dalle testimonianze di chi è riuscito a sopravvivere a questa barbaria, sappiamo anche che lo sport e l’esercizio fisico erano pratiche obbligatorie all’interno dei campi di concentramento. Gli “allenamenti” erano basati su esercizi estremamente faticosi, che gran parte dei prigionieri non riusciva a eseguire a causa delle poche energie con le quali andavano avanti. La pena per chi non eseguiva esercizio fisico tuttavia era la morte immediata.

Personaggi sportivi della storia italiana e shoah

Alcuni tra gli sportivi italiani o che hanno militato in Italia, sono figure da ricordare nella storia dell’olocausto. Uno è sicuramente Gino Bartali: campione di ciclismo e totalmente contrario al fascismo, dedicò gli anni che seguirono la promulgazione delle leggi razziali a nascondere nella sua casa di Firenze famiglie ebree e a procurargli documenti falsi per farli fuggire. Salvò la vita a più di 800 ebrei e l’unico a cui lo raccontò fu suo figlio Andrea.

Un altro personaggio noto nella storia dello sport italiano è l’allenatore che portò allo storico scudetto la squadra calcistica del Bologna Arpad Weisz. A lui è dedicato il libro “Dallo Scudetto ad Auschwitz”, ed è la storia di un uomo che si sposta di paese in paese per sfuggire alle persecuzioni razziali che purtroppo lo troveranno nel 1942. Resiste nel campo di concentramento per 16 mesi e muore di freddo e fame a metà del 1944.

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