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Kyrie Irving è uno dei playmaker più forti della NBA. Celebre per il suo canestro contro i Golden State Warriors alle Finals del 2016, il campione di Melbourne nasconde dietro al suo grande talento una ricca storia che va oltre il basket.
Chi è Kyrie Irving? Scopriamolo insieme ripercorrendo le tappe che l’hanno portato ai vertici della pallacanestro mondiale.
Irving nacque il 23 Marzo 1992 a Melbourne. Suo padre Drederick era un giocatore professionista che in quel periodo militava nella squadra locale. Per Kyrie non fu un’infanzia facile: dopo aver perso la madre a soli quattro anni, fece ritorno negli Stati Uniti dove il padre cominciò a lavorare a New York. Proprio nella Grande Mela Irving rischiò di diventare orfano a soli nove anni: l’11 Settembre 2001, giorno dell’attentato alle torri gemelle dove lavorava Drederick, fu solo per un ritardo che il padre riuscì ad evitare di essere coinvolto nell’esplosione. Questo episodio segnò molto la mentalità del ragazzo, che capì l’importanza di vivere al massimo ogni momento della vita.
Successivamente si iscrisse prima alla Montclair Kimberly Academy e poi alla St. Patrick High School. In entrambi i casi si rivelò essere la stella indiscussa del basket giovanile, attirando su di sé l’attenzione del rinomato college Duke. Con quasi 18 punti di media a partita e una percentuale al tiro superiore al 50%, Irving divenne subito uno degli osservati speciali in ottica NBA. Un infortunio ai legamenti dell’alluce destro lo costrinsero ai box per quasi tutta la stagione. Il futuro però era destinato ad essere luminoso. Nonostante il solo anno a Duke, venne selezionato come prima scelta assoluta al Draft NBA 2011 dai Cleveland Cavaliers. Una grande occasione, ma anche un’investitura importante: far dimenticare il partente Lebron James.
Le prime tre stagioni in NBA furono avare di soddisfazioni a livello di squadra. Dopo l’addio di James, i Cavs erano una franchigia in ricostruzione e senza giocatori che potessero aiutare Kyrie. Pur mancando sempre la qualificazione ai Playoff, Irving dimostrò di essere uno dei talenti più interessanti della lega. Vinse il premio di Rookie of the Year nel 2012, la gara del tiro da tre punti nel 2013 e fornì prestazioni numericamente mostruose al Rising Star Challenge.
La svolta avvenne nell’estate 2014: durante la free agency i Cavaliers riuscirono a firmare Kevin Love, ma soprattutto riuscirono a riportare a casa Lebron James. La nuova stagione iniziò quindi sotto i migliori auspici. Cleveland riuscì finalmente a centrare i Playoff: Irving al suo esordio assoluto chiuse la gara coi Celtics realizzando 30 punti. La squadra non deluse le aspettative e centrò l’accesso alle Finals. Tuttavia gli infortuni di Love e dello stesso Irving (una frattura alla rotula che lo costrinse a stare fermo fino a dicembre) penalizzarono fortemente le chance della squadra che dovette cedere ai Golden State Warriors.
La stagione successiva, iniziata in ritardo per via del suo infortunio, vide i Cavs mantenersi sui livelli dell’anno precedente. Fu ancora una volta finale e nuovamente contro i Warriors. L’inizio però fu da incubo. Sotto 3-1, la storia parlava chiaramente: nessuna squadra a quel punto era mai riuscita a rimontare e a vincere l’anello. Kyrie e James però non furono di quest’idea. In gara-5 Irving realizzò 41 punti, mentre in gara-6 fu colui che realizzò il tiro del pareggio. Il momento più alto della sua carriera fu in gara-7: sull’89 pari a un minuto dalla fine decise di prendersi la squadra in mano segnando la tripla che si sarebbe rivelata decisiva. Cleveland completò l’incredibile rimonta e per Irving fu il primo titolo in carriera.
L’anno successivo si ripresentò lo stesso scenario: Finals conquistate contro gli ormai rivali dichiarati di Golden State. Questa volta però per i Cavs non ci fu nulla da fare, nonostante i quasi 30 punti di media di Irving: con un netto 4-1 i Warriors di Kevin Durant si aggiudicarono il titolo 2016-2017.
Nonostante le statistiche e le varie convocazioni all’All Star Game, Irving è ancora oggi un giocatore molto chiacchierato. Criticato per la sua non irresistibile difesa, è accusato da molti di non essere migliorato come ci si aspettava. Pur essendo ritenuto il miglior palleggiatore della NBA, nonché un attaccante letale, secondo la rivista Sport Illustrated se si potesse cambiare l’ordine di chiamata del Draft del 2011 le cose andrebbero diversamente. Irving passerebbe dalla 1 alla 4, dopo Kawhi Leonard, Jimmy Butler e Klay Thompson.
Alla luce di ciò e stanco di vivere all’ombra di James, Irving nell’estate del 2017 chiese la cessione. Decise di accettare l’offerta dei Boston Celtics per diventarne il primo violino e saziare la sua voglia di leadership. Grazie alle sue prestazioni la squadra conquistò il primo posto nei Playoff, ma un nuovo infortunio lo costrinse a saltare tutta la postseason. I Celtics arrivarono fino alle finali di Conference, per poi cedere proprio contro Cleveland e LeBron James.
La stagione 2018-2019 fu altalenante per Boston. Alla base di ciò ci fu il difficile rapporto tra la leadership di Irving e i giovani giocatori del roster, tra cui Tatum. Dopo una pessima sconfitta contro Orlando, lo stesso Kyrie dichiarò:
Ci manca esperienza e abbiamo ancora tanto da imparare. So per certo che siamo meglio di tante altre squadre, ma dobbiamo dimostrarlo ogni singola sera. Fino a quando non lo faremo, fino a quando non capiremo che la profondità del nostro roster è un bene e fino a quando non mettiamo da parte i nostri desideri personali, non saremo una squadra migliore. Altrimenti continueremo ad avere i nostri alti e bassi, specialmente in trasferta.
Il rapporto con la squadra divenne via via sempre più complesso. I giovani non accettavano l’autopromozione a leader di Irving, alla luce della sua assenza ai Playoff precedenti (dove riuscirono a cavarsela anche senza di lui) e considerando il fatto che Kyrie non avesse mai partecipato a una gara di postseason senza James al suo fianco. A ciò bisogna aggiungere le continue critiche subite dai giovani durante le interviste di Irving coi media e il suo continuo rimandare al fatto di essere l’unico ad aver vinto un titolo NBA.
I malumori interni si concretizzarono sul campo: i Celtics vennero eliminati in semifinale e per Irving fu chiaro che Boston non era più il posto adatto a lui. Venne così scambiato e spedito ai Brooklyn Nets. Dopo un esordio record (50 punti e 0 perse), la sua stagione fu condizionata dagli infortuni che lo costrinsero a saltare quasi tutte le gare.
Ora la stagione 20-21, con al fianco le stelle Durant e Harden, nel tentativo di vincere nuovamente il titolo NBA.
Irving è uno dei giocatori più conosciuti in NBA, ma non sempre questo è merito delle sue gesta in campo. Andiamo a vedere qualche curiosità su di lui, dai record statistici a qualche dichiarazione fuori luogo.
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