Chi era Kobe Bryant: tutto sulla leggenda del basket

A un anno di distanza dalla sua morte, scopriamo chi era Kobe Bryant e ripercorriamo la vita di uno dei giocatori più forti di sempre della storia del basket.

Chi era Kobe Bryant

Kobe Bean Bryant nasce a Philadelphia il 23 agosto del 1978.

Figlio di Joe Bryant e nipote di Chubby Cox, entrambi giocatori di basket, si appassiona alla pallacanestro e comincia a praticarla all’età di tre anni. Quando aveva solo 6 anni si trasferisce con la famiglia in Italia, spostandosi nelle città in cui giocava il padre. Kobe, infatti, cresce cestisticamente in Italia, dove impara i fondamentali europei del gioco. Torna negli Stati Uniti all’età di 13 anni e si iscrive alla Lower Marion High School, con la quale conquista il titolo nazionale. Nel 1996, non ancora compiuti i diciotto anni, si rende eleggibile per il Draft NBA senza passare dal college, rifiutando le lusinghe di università famose come Kentucky e Duke.

La chiamata al Draft

Nella notte di Rutherford, New Jersey, Kobe Bryant viene selezionato con la 13ª scelta assoluta dagli Charlotte Hornets che lo scambiarono ai Los Angeles Lakers per Vlade Divac. Il centro serbo lasciò i giallo viola dopo sette stagioni, complice anche l’arrivo in California del centro più dominante dell’epoca: Shaquille O’Neal.

I primi anni in NBA

Kobe fa il suo debutto in NBA il 13 novembre 1996 contro i Minnesota Timberwolves, senza però sporcare il referto alla voce “punti”. Il minutaggio di Bryant ha una crescita costante nel corso della stagione, anche grazie alla vittoria dello Slam Dunk Contest di febbraio. Chiude la regular season a 7,6 punti di media a partita in 15,5 minuti giocati. A fine anno, nonostante una prestazione tutt’altro che sfavillante nella serie persa 4-1 contro Utah nella post-season, è il giocatore più giovane di sempre ad entrare nell’All-Rookie Second Team.

Nella stagione successiva Kobe raddoppiò la sua media punti e aumentò il suo minutaggio, raggiunse infatti i 15,4 punti a partita, segnando per la prima volta più di 30 punti in una partita. I Los Angeles Lakers si qualificarono ai Playoffs con un record di 61 vittorie e 21 sconfitte, eliminarono Portland e Seattle ma uscirono di scena, nuovamente, per mano degli Utah Jazz. Grazie alle sue prestazioni in crescita, Kobe si guadagnò il posto da guardia titolare per la stagione successiva.

Gli anni d’oro

La stagione 1999-2000 si apre con l’approdo di Phil Jackson sulla panchina dei Lakers. Sotto la guida dell’ex allenatore sei volte campione NBA con i Chicago Bulls di Michael Jordan e Scottie Pippen, i losangelini vinsero quattro titoli in cinque anni. Dopo la vittoria del primo titolo, Kobe Bryant cominciò a prendersi sempre più in mano lo scettro della squadra, scavalcando Shaquille O’Neal nelle gerarchie di squadra. Dopo il susseguirsi di rumors che accostavano l’uno o l’altro giocatore ad altre franchigie NBA, i due si riappacificarono e misero nel mirino la vittoria del titolo. Infatti, a fine anno, i Lakers completarono il tanto sperato back-to-back e misero al dito il secondo anello.

L’anno successivo, Kobe chiuse la stagione con più di 25 punti di media a partita e i Los Angeles Lakers centrarono nuovamente i Playoffs e la terza vittoria consecutiva del titolo NBA. Così facendo, Phil Jackson completò per la terza volta nella sua carriera la missione three-peat, dopo le due con i Chicago Bulls.

Gli anni bui

La stagione 2004 si aprì con un sostanziale cambiamento nella Los Angeles giallo viola. In panchina ora sedeva Rudy Tomjanovich (non proprio Jackson, ecco), e nel pitturato non c’era l’ingombrante e dominante figura di Shaquille O’Neal. Sebbene dalla stagione successiva tornò il maestro Phil Jackson, il triennio che va dal 2005 al 2007 non si distinse nella storia losangelina per grandi meriti.

Nel torpore generale di una Los Angeles che non riusciva ad andare oltre il secondo turno di Playoffs, Kobe fa registrare due cifre monstre alla voce punti sul tabellino. La stella giallo viola, il 20 dicembre 2005, mette a segno 62 punti in tre quarti contro i Dallas Mavericks. Poche partite dopo, il 22 gennaio 2006, stabilisce il secondo miglior punteggio di tutti i tempi, segnando 81 punti contro i Toronto Raptors.

Altri due anelli

Nonostante le insistenti voci di trade che lo associavano ad altre franchigie, Bryant comincia la stagione 2007-08 ancora con i lacustri, cambiando numero da 8 a 24. I Lakers, anche grazie all’acquisto di Pau Gasol – uno dei centri europei più forti dell’epoca – tornarono a giocarsi le Finals, uscendo però sconfitti dai Boston Celtics.

Nel 2008 i Lakers si confermarono una super forza dell’NBA e Kobe Bryant mise a referto un’altra prestazione fuori dal comune, segando 61 punti al Madison Square Garden contro i New York Knicks. I Los Angeles Lakers chiusero la stagione regolare con il secondo miglior record e si qualificarono come testa di serie ai Playoffs. Grazie a dei Playoffs stratosferici in cui viaggiò a più di 30 punti di media, Kobe Bryant regalò un altro titolo ai Lakers, che spazzarono via gli Orlando Magic in finale.

Un super Kobe aprì la stagione 2009 segnando 40 punti in quattro delle prime undici partite giocate. L’1 febbraio diventò il miglior marcatore della storia giallo viola con 25.208 punti, superando un mito come Jerry West. Nonostante un’annata costellata di piccoli infortuni e in cui emersero alcuni problemi fisici, i Lakers si confermarono campioni NBA battendo alle Finals i rivali dei Boston Celtics in una serie meravigliosa che si chiuse sul 4-3.

L’inizio della fine

Nella stagione successiva, Kobe entrò a far parte della top ten dei migliori marcatori di sempre. La stagione 2010-11, infatti, sembrava adagiarsi sulle orme di quella precedente, e i tifosi sognavano già delle Finals spettacolari con Bryant e Gasol a fronteggiare i Miami Heat di LeBron James, Dwayne Wade e Chris Bosh. Dopo aver chiuso la regular season con un secondo posto a Ovest, i Lakers superarono agilmente il primo turno di Playoffs ma vennero spazzati via dai Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki in semifinale di conference. L’anno seguente, Kobe Bryant diventò il quinto miglior marcatore di tutti i tempi. Ma, come l’anno precedente, i Lakers furono eliminati alle semifinali di conference, questa volta dagli Oklahoma City Thunder di Kevin Durant e Russell Westbrook.

L’infortunio e il declino

Kobe Bryant si apprestò a cominciare la stagione 2012-13 motivato dagli acquisti che portarono in California due pezzi grossi come Steve Nash e Dwight Howard. Complice un allenatore non congeniale allo stile di gioco della stella giallo viola e alcuni problemi fisici, la squadra non riuscì a girare come si sperava. Il 30 marzo 2013 Kobe supera Wilt Chamberlain per punti segnati (31.423) ma, appena un mese dopo, fu costretto a chiudere in anticipo la stagione – e si temette anche la carriera – a causa di un grave infortunio al tendine d’Achille. I Lakers, privi del suo uomo di punta, uscirono ai Playoffs contro i San Antonio Spurs.

Nelle due stagioni successive, Kobe giocò un totale di sole 37, in cui riuscì comunque a superare Michael Jordan al terzo posto della classifica dei marcatori all-time. Annuncia il suo ritiro con una lettera – dear basketball – al termine della stagione 2016. Il suo ultimo anno fu un farewell tour in cui ogni arena di ogni squadra tributò a Kobe ovazioni, applausi e complimenti. Giocò la sua ultima partita in NBA il 13 aprile 2016 contro gli Utah Jazz, mettendo a referto 60 punti. Nel dicembre 2017, i Lakers ritirarono sia il numero 8 che il numero 24, mentre il 4 aprile 2020, entrò a far parte dei membri del Naismith Memorial Basket Hall of Fame.

L’incidente di Calabasas

Il 26 gennaio 2020, Kobe e sua figlia Gianna – insieme ad altre sette persone – volavano a bordo dell’elicottero privato di proprietà dell’ex stella losangelina. Il veicolo però, per cause non identificate, precipitò a Calabasas alle 9:45, prendendo fuoco. I vigili del fuoco che accorsero sul posto domarono l’incendio dopo circa 45 minuti, confermando il decesso di tutti i passeggeri a bordo del mezzo. Secondo una prima ricostruzione, l’elicottero si schiantò al suolo a causa della fitta nebbia. In seguito al funerale, svolto privatamente il 7 febbraio successivo, si è tenuta una celebrazione pubblica allo Staples Center di Los Angeles il 24 febbraio 2020. L’ex stella losangelina lascia Vanessa, la moglie, e tre figlie.

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