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Nel corso delle Finals NBA del 2020, Jimmy Butler è finalmente diventato un leader e un giocatore degno di profondo rispetto. La sua storia è quella di un ragazzo costretto a vivere sotto i ponti gran parte degli anni da adolescente, ma che grazie all’aiuto di un amico ha trovato il modo di emergere nel basket.
Chi è Jimmy Butler
Jimmy Butler è nato a Houston il 14 settembre 1989. Campione olimpico nel 2016 con la Nazionale USA, è uno dei giocatori più affermati in NBA, tanto da essere stato selezionato per ben cinque edizioni dell’All Star Game.
Un’ascesa tutt’altro che scontata per quello che è oggi uno dei migliori difensori della lega. La sua storia è condizionata da un periodo molto complesso, quello tra i 13 e i 17 anni. Prima del suo approdo in NBA, un GM disse così:
La sua storia è una delle più eccezionali che io abbia mai visto in tutti i miei anni di pallacanestro. Ci sono state un sacco di momenti nella sua vita in cui era prossimo a fallire. Ogni volta è riuscito a superare ogni enorme avversità. Quando parli con lui – che è molto restio a parlare della sua vita – hai subito la sensazione che questo ragazzo abbia la grandezza dentro di sé.
Un’adolescenza al limite
Butler dovette convivere con l’assenza della figura paterna, che aveva deciso di abbandonare lui e la madre al momento della sua nascita. Cresciuto a Tomball, uno dei quartieri più malfamati di Houston, il piccolo Jimmy riuscì a rimanere lontano dai guai e dalle cattive compagnie. Nonostante la sua etichetta da bravo ragazzo, a soli tredici anni venne cacciato di casa da sua mamma, stanca di prenderci cura di lui.
Nei successivi quattro anni si ritrovò a vagare per la città, spesso in zone in cui era la delinquenza a dominare. Spesso riusciva a trovare un posto dove dormire a casa di amici o in centri per vagabondi, ma altre volte erano i ponti i luoghi dove passava le notti. Il suo unico svago era la pallacanestro, sport che praticava negli immancabili campetti americani.
A diciassette anni, mentre frequentava la modesta Tomball High School, fece la conoscenza di Jordan Leslie. I due diventarono grandi amici a seguito di una gara da 3 punti, vinta nettamente da Butler. Una sera Leslie lo invitò a casa sua e questa cosa cambiò la vita del futuro giocatore NBA. Infatti la madre di Jordan, di nome Michelle Lambert, decise di adottarlo facendolo diventare membro di una famiglia allargata che prevedeva già sette figli.
L’amicizia di Jordan e l’amore di Michelle divennero fondamentali per Butler. Scelto dal Tyler Junior College, disputò un’annata incredibile tanto da essere chiamato dalla famosa Università di Marquette. Grazie all’etica lavorativa e a ottime prestazioni, si fece notare dagli scout NBA e nel 2011 si dichiarò eleggibile al Draft.
La carriera in NBA
I Chicago Bulls lo selezionarono con la trentesima scelta assoluta. I primi quattro anni, sotto la guida di coach Tom Thibodeau, non furono facili. Butler non trovò tanto spazio, ma si affermò come uno dei migliori difensori del campionato. In allenamento la sua crescita fu però costante, così come il suo impiego in campo. Nel 2015 gli sforzi valsero il titolo di giocatore più migliorato della stagione.
Jimmy stette ai Bulls per sei stagioni, dal 2011 al 2017. Coi tori stabilì il record di minuti giocati della franchigia, ben sessanta. Inoltre divenne il primo giocatore dopo Michael Jordan a segnare almeno 50 punti in una partita giocata a Chicago.
Nel 2017 venne ceduto ai Minnesota T’Wolves, dove ritrovò Thibodeau come allenatore. Grazie a una media di 22 punti a partita, contribuì a far ritornare la squadra ai Playoff dopo quattordici anni di assenza. La seconda stagione vide Butler litigare sia con società che con i tifosi, tanto da essere ceduto al termine dell’annata. Si trasferì a Philadelphia, dove giocò però solo per un campionato, registrando comunque ottime cifre.
L’apice della sua carriera l’ha raggiunto con l’approdo ai Miami Heat nel luglio del 2019. In una stagione pesantemente condizionata dallo stop imposto dalla pandemia di Covid-19, Butler ha guidato la sua squadra al quinto posto a Est. Durante i Playoff la franchigia della Florida si è dimostrata estremamente compatta, riuscendo a eliminare formazioni più accreditate come i Bucks e i Celtics. Solo nell’atto conclusivo contro i Los Angeles Lakers, gli Heat hanno dovuto cedere, anche alla luce di alcuni infortuni. Butler ha dimostrato tutto il suo talento, diventando il terzo nella storia delle Finals a far registrare una tripla doppia con 40 punti segnati.