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Il Milan di Arrigo Sacchi viene ritenuta una delle squadre più forti della storia. In molti hanno temuto la compagine degli Immortali, e tanti altri si sono ispirati a essa per migliorarsi. Il tecnico emiliano è riuscito, grazie alla sue idee rivoluzionare, a cambiare il mondo del calcio.
Quando Arrigo Sacchi venne chiamato da Silvio Berlusconi ad allenare il Milan, i rossoneri non vincevano un trofeo da ben sei anni. L’allora presidente, nonostante ciò, volle affidarsi a un allenatore sostanzialmente sconosciuto. Il tecnico originario di Fusignano, infatti, aveva conquistato prima una promozione in Serie B e poi un mediocre settimo posto nella categoria cadetta alla guida del Parma. Proprio in quella stagione, tuttavia, aveva eliminato in Coppa Italia i rossoneri. Probabilmente in quel momento Berlusconi restò sorpreso dalle idee dell’allenatore dei crociati, tanto da fare squillare, nel 1987, il suo telefono.
Arrigo Sacchi, oltre ad essere pressoché sconosciuto, non aveva mai neanche giocato a calcio. La stampa non era convinta che il tecnico romagnolo potesse gestire campioni del calibro di Carlo Ancelotti e Franco Baresi, nonché i nuovi arrivi Marco Van Basten e Ruud Gullit. Inizialmente neanche i giocatori alla sua corte apprezzavano le sue idee. Eppure, presto tutti dovettero ricredersi. L’intuizione di Silvio Berlusconi avrebbe dato gli esiti sperati.
La rivoluzione di Arrigo Sacchi ha inizio dal modulo: il 4-4-2. Qualche anno dopo Carlo Ancelotti rivelerà che inizialmente il tecnico avrebbe voluto schierare un 4-3-3, ma il centrocampista non regalava le prestazioni desiderate da interno destro, poiché non riusciva a sovrapporsi a Ruud Gullit (unico giocatore autorizzato a muoversi tra le linee insieme a Roberto Donadoni), per cui fu spostato in mediana.
La difesa dell’undici titolare, invece, per la prima volta nella storia del Milan, era totalmente composta da italiani. Al centro l’immancabile Franco Baresi, affiancato da uno tra Alessandro Costacurta e Filippo Galli. Sulle fasce Paolo Maldini e Mauro Tassotti. Una difesa che avrebbe imparato a giocare alta, a soli 25 o 30 metri di distanza dal centrocampo. In questo modo avrebbero costretto tante volte le squadre avversarie al fuorigioco. L’infallibile copertura sugli attaccanti, invece, era a zona.
I presupposti, dettati dalle qualità di giocatori negli anni divenuti delle leggende, erano senza dubbio buoni. Sarebbe tuttavia riuscito un allenatore agli albori della sua carriera, come Arrigo Sacchi, a sfruttare le potenzialità dei talenti alla sua corte? In molti se lo chiedevano, soprattutto a fronte delle strane modalità di allenamento che metteva in atto. Il tecnico emiliano intendeva applicare infatti il concetto di “intelligenza collettiva”. Il suo undici doveva essere attivo in ogni sua componente, per tutti i 90 minuti di gioco. Nessuna distrazione sarebbe stata tollerata. Per questa ragione, nel corso delle sedute, faceva “giocare” intere gare senza pallone in campo. Sarebbe servito a insegnare alla squadra come schierarsi, in base ai diversi spostamenti della sfera.
Dal 1987 al 1991, in quattro stagioni, Arrigo Sacchi alla guida del Milan alzò al cielo 8 trofei, di cui 2 a livello nazionale e 6 internazionale. La prima gloriosa vittoria arrivò nella stagione d’esordio. I rossoneri vinsero lo scudetto con tre punti di vantaggio sul Napoli, battendo proprio i partenopei alla terzultima giornata con il risultato di 2-3. Sarebbe stato l’unico dell’era del tecnico emiliano. La conquista del titolo consentì al club di Milano di giocare anche la Supercoppa italiana contro la Sampdoria, vincitrice della Coppa Italia.
Nella stagione successiva (1988/89) il Milan tornò a vincere dopo vent’anni la Coppa dei Campioni, battendo per 4-0 la Steaua Bucarest nella finale di Barcellona grazie alle doppiette di Gullit e van Basten. Nello stesso anno arrivarono anche le vittorie della Supercoppa europea, contro il Barcellona, e della Coppa intercontinentale, contro i colombiani dell’Atlético Nacional. In entrambi i casi furono decisive le reti di Evani.
Nella stagione 1989/90 la storia si ripete. La squadra di Arrigo Sacchi vinse un’altra Coppa dei Campioni, questa volta battendo il Benfica nella finale di Vienna grazie ad un gol di Frank Rijkaard. I rossoneri vinsero poi una Supercoppa europea tutta italiana, dato che l’avversario era la Sampdoria. Anche la Coppa internazionale andò ancora una volta al Milan, che sconfisse con il risultato di 3-0 i paraguaiani dell’Olimpia de Asuncion.
A dicembre del 1996 Arrigo Sacchi tornò alla guida del Milan a seguito dell’esonero di Oscar Tabarez. La seconda avventura del tecnico emiliano in rossonero, tuttavia, non fu soddisfacente. La squadra terminò la stagione all’undicesimo posto della classifica. Il tecnico emiliano, al termine del campionato, decise dunque di dimettersi.
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