Chi è Sinisa Mihajlovic, la storia del “Sergente di ferro”

Sinisa Mihajlovic è stato uno dei giocatori più forti della Serie A ed è attualmente uno degli allenatori del campionato italiano. Durante la sua vita ha dovuto affrontare diverse difficoltà. Una di queste è stata nel 2019, mentre allenava il Bologna, quando ha scoperto di essere malato di leucemia mieloide acuta che è riuscito a sconfiggere.

Chi è Sinisa Mihajlovic

Sinisa Mihajlovic è nato a Vukovar il 20 febbraio 1969. Soprannominato oggi come “Il sergente di ferro”, il suo duro carattere si è formato in una Jugoslavia caratterizzata dalla guerra e dalla povertà. Un contesto in cui l’ex calciatore ha dovuto lottare quotidianamente contro la fame, trovando uno sfogo nel pallone, insieme a molti coetanei.

La carriera da calciatore

Mihajlovic ha cominciato la propria carriera da centrocampista, salvo poi trasformarsi in difensore nei suoi anni in Italia. Iniziò a giocare a livello professionistico in Jugoslavia, vestendo la maglia del Vojvodina e della Stella Rossa. Con entrambe le squadre vinse almeno un campionato, ma fu coi biancorossi di Belgrado che realizzò l’impresa di vincere la Champions League nel 1991.

Nel 1992 iniziò la sua prima di tante esperienze nel campionato italiano. Giocò per due stagioni con la Roma. Coi giallorossi non vinse alcun trofeo, ma disputò una finale di Coppa Italia, poi persa col Torino. Tuttavia fu nel passaggio alla Sampdoria che Sinisa cominciò a farsi riconoscere per la sua miglior qualità: i calci di punizione. I suoi numerosi gol su calcio piazzato, spinsero l’Università di Belgrado ad elaborare una serie di studi proprio sulle sue punizioni.

Gli ottimi quattro anni in blucerchiato convinsero la Lazio, una delle migliori squadre di fino anni ’90, ad acquistarlo. Coi laziali, con cui realizzò il record di tre gol su punizione in una singola gara, vinse diversi trofei. Con lui in squadra i biancocelesti vinsero lo Scudetto, due Coppa Italia, due Supercoppe Italiane, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea. Concluse la sua carriera, dal 2004 al 2006, con l’Inter. Coi nerazzurri conquistò tre titoli e si confermò fondamentale nonostante gli anni. Uno dei suoi gol più belli fu il gol in finale di Coppa Italia che permise all’Inter di battere la Roma.

La carriera da allenatore

Appesi gli scarpini al chiodo, cominciò subito ad allenare come vice allenatore di Roberto Mancini all’Inter. Nel biennio nerazzurro imparò molto nella gestione di diversi campioni ed ebbe modo di vincere due scudetti. Il palmares da calciatore lo aiutò nel trovare immediatamente una squadra in Serie A, tanto che nella stagione 2008-2009 allenò per alcuni mesi il Bologna, contribuendo alla salvezza nonostante l’esonero prima della fine del campionato.

L’anno successivo, sulla panchina del Catania, fu fondamentale anche per la salvezza dei siciliani. Successivamente venne scelto dalla Fiorentina: dopo un primo anno chiuso al nono posto, venne esonerato nel corso del campionato seguente. Dopo una breve parentesi da CT della Nazionale serba, con cui manca la qualificazione ai Mondiali del 2014, decise di firmare con la Sampdoria. Un ritorno quello sulla panchina del Doria, dopo l’esperienza da calciatore. Nei due anni a Genova ottenne ottimi risultati, tanto da chiudere la seconda stagione al settimo posto e vincere il premio di allenatore dell’anno.

Gli ottimi piazzamenti alla guida della Samp gli valsero la chiamata del Milan. Coi rossoneri raggiunse una finale di Coppa Italia e mantenne una media punti utile per far ritornare i rossoneri in Europa. Inoltre fu colui che fece esordire Gigio Donnarumma a soli 16 anni. Tuttavia alcuni screzi col presidente Berlusconi, e una mini crisi di cinque risultati consecutivi senza vittorie, gli valsero l’esonero prima di fine stagione.

Venne poi scelto dallo Sporting Lisbona, ma la sua esperienza durò solo nove giorni. Nel maggio 2016 venne così scelto da Cairo per allenare il Torino. Realizzò un girone d’andata record, che valse il nono posto al termine del campionato. Come spesso gli è capitato, il secondo anno fu deludente e venne esonerato. Nel gennaio 2019 fece ritorno al Bologna, squadra di cui è ancora allenatore, e con cui ha condiviso la lotta alla leucemia.

Sinisa Mihajlovic e la lotta alla malattia

Quando nel luglio del 2019 Mihajlovic convocò una conferenza stampa nessuno avrebbe sospettato che l’allenatore del Bologna potesse aver contratto la leucemia. Per il serbo iniziò la partita più importante della sua carriera, se non la più difficile. Iniziò subito le cure, spinto dall’affetto dei famigliari e dell’intero mondo calcistico.

Venne ricoverato in ospedale con il nome di Cgikjltfr Drnovsk onde evitare la presenza di curiosi. Sinisa ha sempre dichiarato di non avere paura e di essere fortemente convinto di poter vincere anche questo avversario. Non è stato un percorso facile quello del serbo, che ha perso molto peso e tutti i capelli. Nei mesi di ricovero, oltre ai cicli di chemio, è stato sottoposto al trapianto di midollo osseo, grazie alla donazione di un cittadino americano.

Dopo l’operazione la ripresa è stata graduale, infatti molto spesso la stanchezza e la debolezza hanno preso il sopravvento sulla sua incredibile forza di volontà. Non ha mai smesso di pensare al campo, tanto da implorare i medici di scendere in campo nella sfida con il Verona del 25 agosto 2019. Oggi l’attuale mister del Bologna sta bene e la sua situazione è sotto controllo. Nel novembre 2020 è stata forte la preoccupazione, quando è risultato positivo al Covid-19, ma il “Sergente di ferro” ha dimostrato di essere ancora una volta un avversario insuperabile, anche per le malattie.

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