Perché in Serie A l’esultanza senza maglia è vietata

Secondo Vieri, dietro alla decisione della Lega di sanzionare le esultanze senza maglia ci sarebbero delle ragioni di marketing.

Prima del 2004 – anno in cui venne istituita la regola in base alla quale “un calciatore che si toglie la maglia dopo aver segnato una rete sarà sanzionato con ammonizione per comportamento antisportivo” – i giocatori di calcio potevano ancora lasciarsi andare alla gioia per un gol segnato mostrando fieramente il petto o qualsiasi capo di abbigliamento nascondessero sotto le casacche della loro squadra.

A partire da quell’anno, tuttavia, le cose cambiarono drasticamente. Il perché non è ancora chiaro, e tuttavia Christian Vieri ha una sua personale opinione al riguardo.

Serie A: perché l’esultanza senza maglia è vietata

L’ex bomber di Inter e Milan ha affrontato la questione nel corso del noto podcast Muschio Selvaggio, il programma a puntate diretto da Fedez e Luis Sal.

Tra una chiacchiera e l’altra, infatti, l’attenzione degli interlocutori si è focalizzata sulle presunte ragioni che indussero la Lega Calcio a proibire le esultanze senza maglia. È stato proprio a quel punto che Christian Vieri – che di calcio ne sa giusto qualcosina – ha condiviso con gli ascoltatori la propria personale interpretazione circa la repentina introduzione della nuova regola.

Secondo il famoso attaccante, dietro alla decisione della Lega Calcio di ammonire tutti coloro che nell’atto di esultare si fossero tolti la maglia, ci sarebbero fondamentalmente delle ragioni di marketing. L’incredibile visibilità dei calciatori, specialmente nel corso delle partite, è infatti un fattore da prendere in attenta ed accorta considerazione. Del resto, quale momento migliore dell’esultanza successiva ad un gol per fare un po’ di buona pubblicità?

Vieri e Maldini lanciano il brand Sweet Years

Una potenzialità, quest’ultima, che Bobo Vieri e Paolo Maldini furono bravi a scorgere per primi. Fondatori del famoso brand di abbigliamento Sweet Years, i due calciatori ebbero la geniale trovata di indossare, sotto le maglie dei rispettivi club, delle t-shirt recanti il logo del marchio. Così facendo, dopo un gol (cosa che accadeva molto più spesso all’attaccante nerazzurro) o alla fine della partita (stratagemma cui era solito ricorrere più spesso l’allora capitano del Milan), i due amici avrebbero potuto approfittare delle centinaia di telecamere presenti per fare un po’ di pubblicità gratuita al proprio prodotto. Il trucco? Semplicemente togliersi la casacca della propria squadra.

Galeotta, da questo punto di vista, fu proprio un’esultanza di Christian Vieri, il quale, dopo aver messo a segno l’ennesima rete, decise di levarsi la maglia dell’Inter per permettere all’iconico logo di Sweet Years di comparire in mondovisione. Questa, se non altro, è proprio la ricostruzione dell’ex attaccante, il quale si ricorda ancora che la decisione della Lega Calcio di ammonire coloro che si fossero tolti la maglia seguì di poche settimane la suddetta esultanza.

Alcune delle infrazioni più famose

Nonostante l’istituzione della regola, sono tuttavia numerosi i casi di calciatori che decidono tuttora di spendere un’ammonizione per concedersi il brio di esultare levandosi la maglia. Iconica, da questo punto di vista, la maglia celebrativa di Ricardo Kakà, il quale, dopo aver vinto la Champions League contro il Liverpool nel 2007, mostrò in mondovisione la nota scritta “I belong to Jesus“. Volutamente provocativa, poi, la t-shirt “Why always me‘” che Mario Balotelli mostrò ai tempi del Manchester City.

Scritto da Andrea Crenna

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