L’ex attaccante di Juventus, Fiorentina e Palermo è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Per Fabrizio Miccoli, pertanto, si aprono le porte del carcere, mentre si chiudono definitivamente quelle del mondo esterno, fatto di libertà e giustizia.
La sentenza del gennaio del 2020 della Corte d’Appello è stata infine confermata dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione, la quale ha quindi rigettato il ricorso dell’ex calciatore pugliese. Per Fabrizio Miccoli, nientemeno che il miglior marcatore della storia del Palermo Calcio, si prefigura quindi un destino di quelli che più amari non si può. A nulla è servito il suo pentimento, ormai decisamente tardivo, a nulla, ancora, le sue lacrime, ultimi bagliori liquidi di uno sguardo che ha perso ogni traccia di innocenza. Ad attenderlo, con ogni probabilità, circa 3 anni e 6 mesi di carcere; al reato dell’estorsione, infatti, si aggiunge una pesante aggravante, quella del metodo mafioso.
I fatti incriminati si svolsero tutti a cavallo tra il 2010 e il 2011. Un lasso di tempo nel quale – per intenderci – Miccoli mise a segno più di 20 gol in Serie A. Fuori dal campo, tuttavia, l’ex attaccante della Juventus e della Fiorentina conduceva una vita tutt’altro che regolare, così come testimoniano tutta una serie di intercettazioni telefoniche entrate successivamente in possesso degli investigatore della Dia di Palermo.
I dialoghi in questione, in particolare, coinvolsero Fabrizio Miccoli e il figlio del boss mafioso Antonino Lauricella. In quella che assunse fin da subito i toni di una conversazione “mafiosa”, l’allora attaccante del Palermo e Mauro Lauricella – figlio del capo della KELSA – si accordarono per risolvere una questione alquanto “scomoda”. In breve, Miccoli sfruttò le proprie conoscenze “famigerate” per aiutare un amico, nientemeno che l’ex fisioterapista del Palermo Giorgio Gasparini. Quest’ultimo, nella fattispecie, si era rivolto all’ex attaccante rosanero nella speranza che questi potesse aiutarlo a riscuotere un credito di oltre 12 mila euro. A dovergli quei soldi, l’ex titolare della discoteca “Paparazzi” di Isola delle Femmine.
Le intercettazioni, il cui scopo era di aiutare le Dia di Palermo a individuare Antonino Lauricella, finirono dunque per incastrare proprio Miccoli, il quale ricevette nel 2013 il primo avviso di garanzia.
Oggi, tre gradi di giudizio più tardi, la sentenza è stata finalmente confermata, ragion per cui per Miccoli si apriranno immediatamente le porte del carcere. La durata della pena si stima di 3 anni e 6 mesi, anche se non c’è ancora alcuna ufficialità in tale senso. Fanno riflettere, alla luce degli eventi, le parole utilizzate dall’allora attaccante del Lecce in risposta alle accuse poi rivelatesi veridiche:
“Chiedo scusa a Palermo, alla mia famiglia, per tutto quello che ho fatto. Sono uscite cose che non penso. Ho sempre partecipato alle partite del cuore per onorare la memoria dei magistrati uccisi. Sono distrutto. Sono cresciuto in un contesto di valori. Chiedo scusa alla famiglia Falcone e a tutti. Avevo già contattato la signora Falcone. Lei mi ha detto che sarebbe bastato chiedere scusa a tutta Palermo. E sono qui per questo”.
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