Se le ipotesi e le accuse fossero confermate, si tratterebbe di un caso gravissimo. La Federazione Inglese ha aperto un’inchiesta e nel mirino è finito Mr. David Elleray, già arbitro internazionale, che dal 2003 è entrato a far parte del comitato arbitrale della Football Associations ed è direttore tecnico dell’Ifab, l’organismo indipendente dalla Fifa che custode e garante delle regole del gioco.
Lo scenario in cui si colloca la polemica relativa alla barba degli arbitri inglesi, rende più complicata la posizione di Elleray: dei 40 arbitri della Premier League nessuno è di colore.
E pare che dietro a queste indicazioni ci sia la mano del “recidivo” dirigente, già accusato di aver “ghettizzato” gli arbitri con la barba. Secondo la teoria espressa da Elleray, gli arbitri inglesi devono essere l’immagine dello sport e della forma fisica, oltre che di intelligenza. L’interessato non ha commentato né smentito le indiscrezioni: a quanto pare nel 2014 si era espresso con apprezzamenti ironici rispetto al colore della pelle di un altro arbitro, Rob McCarthy. Più recentemente, in una riunione di nuovi arbitri, avrebbe contestato la presenza al corso di troppe barbe, troppe pance di birra e troppi tatuaggi.
Una visione del tutto singolare ed eccessivamente rigorosa quella di Elleray, secondo il quale la barba non è concessa ai direttori di gara. Inutile aggiungere che della regola non ci è alcuna traccia in nessun regolamento calcistico, l’atteggiamento di Elleray sembra nascondere una inaccettabile discriminazione. Che ha fatto insorgere il mondo calcistico anglosassone, a partire da Kick It Out, una delle più importanti associazioni antirazziste inglesi. In effetti appare quanto meno strano che l’ultimo arbitraggio in Premier affidato ad un refree di colore risalga ad un Liverpool-Tottenham del 2008. Inaccettabile, se si dimostrasse che dietro a queste vicende si celasse un sentimento razzista.
Al coro di condanne per le ipotesi di razzismo in Federazione, si aggiungono quelle dei difensori dei diritti delle minoranze. “La barba è importante per molte persone di diverse fedi religiose, e sostenere il divieto a portarla lunga avrà senza dubbio avuto un impatto dannoso su un certo numero di minoranze già poco rappresentate nel calcio inglese”, ha sottolineato Tony Burnett, CEO di Kick it Out. La Football Association sembra essere corsa ai ripari, avendo annunciato con una mail l’avvio di una ricerca per «osservatori arbitrali che rispecchino la società attuale», quindi di direttori di gara che «provengono da comunità storicamente sottorappresentate» e «siano interessati a diventare funzionari di campo».
L’iniziativa per il momento ha raffreddato le polemiche ma si attendono misure concrete e, soprattutto, una approfondita ricerca della verità. Un mondo inclusivo e partecipativo come lo sport, e il calcio in particolare, vengono ancora una volta macchiati dalla questione razziale. Questa volta senza colpe da parte dei tifosi, ma con evidenti responsabilità della classe dirigente arbitrale.
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