Chris Smalling è nel mirino dei tifosi (e non solo) per le presunte posizioni no vax del difensore inglese, titolarissimo della Roma di Mourinho. Le voci appaiono fondate, a giudicare dalle uscite social della moglie del pilastro difensivo giallorosso, che in più di una occasione hanno criticato l’eccessivo rilievo mediatico dato al virus e sottinteso idee di complotto.
Per la tifoseria giallorossa non ci sono dubbi e l’ira social si è abbattuta sui profili pubblici di Chris Smalling, tra minacce, insulti e inviti a vaccinarsi. Secondo le indiscrezioni, Smalling non intende fare passi indietro, disposto anche alla rottura col Club giallorosso in caso di obbligo vaccinale. Ma sono voci che, al momento, non trovano conferma da nessuna fonte ufficiale.
Quello che sgomenta di più l’ambiente giallorosso è lo scenario ipotetico rispetto ad un muro contro muro tra società e calciatore. Con Smalling costretto a fare le valigie perché il suo impiego sarebbe vietato dalla legge italiana, che con l’introduzione del super green pass anche per gli sport all’aperto, taglierebbe fuori gli ultimi no vax. Il condizionale è d’obbligo perchè nessuna di queste ipotesi è stata confermata dagli interessati. Massimo riserbo sia da parte del club che dall’entourage del ragazzo, che ama Roma e soffre la situazione che si è creata intorno a lui e alla sua famiglia. La moglie Sam è stata bersaglio di insulti e si sente giustamente ferito negli affetti. Proprio nel pieno del picco di contagi in serie A, come nel resto del Paese.
Uno scenario a cui i veri innamorati della Roma non vogliono immaginare Chris Smalling è uno di quei calciatori che ha il fisico per entrare nella storia dei beniamini giallorossi: la tigna, come si dice a Roma, cioè la cattiveria agonistica, la voglia di vincere e la capacità di trascinare la squadra. Più che un difensore, il leader in campo che sa farsi amare dalla gente della Capitale. Tra gli effetti collaterali del covid, va ascritta anche questa capacità divisiva, questa contrapposizione sociale che spacca pro vax e no vax, magari dimenticando che la pandemia sembra essere sotto controllo e che l’evidenza della diffusione virale stia sempre più indicando il vaccino come una scelta di buon senso per proteggersi da danni gravi. Senza necessariamente crocifiggere l’esigua percentuale di chi non la pensa così, disposto ad accettare la ghettizzazione sociale del super green pass per espiare le proprie colpe, ma che non può essere privato del diritto al lavoro, come accadrebbe nel caso di Chris Smalling.
Superando la polemica ideologica tra sì vax e no vax, il buon senso dei moderati sostenitori della politica dei free vax (nel rispetto delle limitazioni conseguenti), dovrebbe prevalere sulla base di considerazioni ragionevoli e razionali. Il virus si diffonde nonostante il vaccino, ma chi è vaccinato rischia molto meno gravi complicazioni e morte. I no vax non sono untori nè sono responsabili delle mutazioni del virus che, come stiamo vedendo, si trasmette tra vaccinati, probabilmente depotenziandosi. La scelta di impedire ad un professionista di lavorare per una decisione così intima e soggettiva può apparire discriminatoria a chi crede nella libertà di vaccino. Al contrario Smalling meglio lontano da Roma, sostengono gli accaniti cacciatori di teste no vax.
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