Il calcio italiano è in crisi. Quante volte abbiamo sentito questa triste frase nelle trasmissioni tv del settore negli ultimi 10 anni? Davvero tante, e per delle buone ragioni. La nostra amata Serie A, da avere i migliori campioni del mondo ed essere il campionato delle “Sette sorelle” è diventato nient’altro che un campionato di passaggio per giovani campioni o “vecchie” glorie con la voglia di passare gli ultimi anni di carriera nel Bel Paese.
L’ultimo scandalo giudiziario nel quale è coinvolta in prima battuta la Juventus, ma che presto coinvolgerà parecchie altre squadre di Serie A e delle serie minori, potrebbe essere un ultimo colpo davvero devastante per tutto il movimento nazionale, soprattutto per quanto riguarda l’impressione suscitata all’estero e negli sponsor.
I punti deboli del calcio italiano
I sintomi di questa “malattia” si avvertono ormai da diverso tempo sia a livello di Club che a livello di Nazionale. L’ultima squadra a vincere una coppa europea è stata la Roma l’anno scorso conquistando la Confederations Cup, prima di essa l’Inter aveva vinto la Champions Leaguennel 2010, nel mezzo, il nulla. Da ormai diversi anni, le squadre di Inghilterra e Spagna hanno sempre più preso possesso delle competizioni europee dominando in lungo ed in largo, con l’eccezione delle corazzate Paris Saint Germain e Bayern Monaco, che non rispecchiano però il livello generale dei loro campionati nazionali.
Ciò che maggiormente si rimprovera al calcio italiano degli ultimi anni è più che altro la mancanza di programmazione: ad ogni livello del calcio ormai da troppo tempo si pensa unicamente ad avere dei risultati oggi, senza fare caso al domani. Questa idea di fare calcio ha condotto sempre più società a puntare poco sui giovani, al volere vincere oggi senza aspettare di raccogliere i frutti del lavoro, e soprattutto, anche a livello giovanile, puntare su giocatori dall’estero considerati spesso più pronti ed economici rispetto ai calciatori nostrani.
L’atteggiamento delle società, si riflette ovviamente anche sulla Nazionale. Troppi sono stati negli ultimi anni i giovani che non sono riusciti ad imporsi come si sperava, Balotelli è solo l’esempio più eclatante, ma anche le nuove leve rischiano la stessa sorte: Gnonto, Raspadori, Scamacca… rischiano di fare velocemente la stessa triste fine, anche per colpa della stampa. Tipico è ultimamente osannare un giovane alle prime tre partite positive, per poi distruggerlo totalmente quando vi è una flessione delle prestazioni. Zaniolo può essere un altro esempio di questo atteggiamento che non fa bene ai nostri ragazzi, ed infatti l’attaccante da promessa della Roma presto potrebbe emigrare a Londra, sponda Tottenham.
In Italia non c’è carenza di talenti, semplicemente abbiamo smesso come movimento sportivo, di stimolarli nel modo giusto e di conseguenza la capacità di farli diventare dei campioni alla Bobo Vieri o Alessandro Del Piero.
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Un altro dei problemi non indifferenti del nostro calcio, che và a ripercuotersi a cascata un po’ su tutto il movimento, è la mancanza sistematica di strutture moderne, e di stadi di proprietà, la norma in Premier League. Milan ed Inter ne sono i casi più emblematici ultimamente, ma anche la Roma: in Italia è davvero complicato e costoso per un club costruire uno stadio di proprietà, ma la formula di condivisione o affitto con il comune è davvero deficitaria per i guadagni delle società. I pochi club che sono riusciti a fare uno stadio di proprietà, come possono essere Atalanta, Juventus o Sassulo, hanno immediatamente avuto dei benefici a livelli di bilancio.
I due mondiali saltati parlano da soli, ma la storia insegna: nel momento di difficoltà maggiore l’Italia e gli italiani danno il meglio (vedere il mondiale vinto nel 2006 in cui il nostro calcio sembrava sul ciglio del baratro), dunque è vietato gridare al disastro, pensando invece a soluzioni innovative che possano riportare una nuova età d’oro del calcio italiano.