Siamo tutti abituati a sentirlo in occasioni ufficiali, parate, o prima che giochi la nostra Nazionale: che sia di calcio o di qualunque altro sport, il momento dell‘inno nazionale è sicuramente uno dei più toccanti ed emotivamente impegnativi dello sport.
Memorabili sono infatti le facce dei nostri Azzurri durante l’inno a gli Europei in Inghilterra; perché per nazionali come la nostra, l’inno è qualcosa che lega tutta la popolazione e, per solo qualche minuto, tutti sono felici e fieri di essere italiani, abbracciati cantando l’inno a squarciagola.
Questo atteggiamento è tipico di molte altre nazionali, la cui nascita come Paese indipendente è spesso e volentieri stata turbolenta, e magari anch’essi legano il proprio inno nazionale all’indipendenza.
I francesi hanno la Marsigliese, gli inglesi God Save the Queen, e noi italiani abbiamo l‘Inno di Mameli, ma come lo è diventato?
Com’è nato l’inno d’Italia: storia e curiosità
La paternità dell’Inno di Mameli, vero nome della canzone Il Canto degli Italiani, la si deve alla città di Genova, ove risiedeva ai tempi lo studente e fervente patriota Goffredo Mameli.
Il brano venne scritto da Mameli nell’autunno del 1847, e poi venne messo in musica da un altro genovese: Michele Novaro a Torino. Chiaramente quest’inno nasce in un periodo storico particolare come il Risorgimento, negli anni che anticipano la guerra contro l’Austria e la nascita del Regno d’Italia. I versi chiaramente patriottici si richiamano a quel clima di fratellanza tra italiani e lotta comune contro lo straniero, come dice l’ultima e più celebre frase dell’inno: “…Siam pronti alla morte l’Italia chiamò!”
La canzone ebbe successo tra i suoi contemporanei, tanto che anche Giuseppe Verdi la volle nel 1862 durante il suo Inno delle Nazioni, come canzone simbolo dell’Italia accanto ai già inni nazionali Marsigliese God Save the Queen.
Proprio per questo, con la proclamazione della Repubblica, il 12 ottobre del 1946, a quasi 100 anni dalla sua composizione e stesura, l’Inno di Mameli divenne l’inno della Repubblica Italiana.
La testimonianza di Barilli sulla nascita dell’inno
Una delle testimonianze più note riguardo la nascita dell’inno è quella di Anton Giulio Barilli: poeta e patriota, nonché biografo di Mameli: “...in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d’accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell’anno per ogni terra d’Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari…. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: – To’ gli disse; te lo manda Goffredo. – Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos’è; gli fan ressa d’attorno. – Una cosa stupenda! – esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. – Io sentii – mi diceva il Maestro nell’aprile del ’75, avendogli io chiesto notizie dell’Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli – io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo“.