‘The Times’ mette a confronto la fine delle carriere di Simeone e Wenger, descrivendo entrambi come un percorso che da una grande forza si è trasformato in una sorta di parodia di ciò che erano

Questa è un’annata particolarmente significativa per Diego Pablo Simeone. L’allenatore argentino ha un contratto fino al 2027, quindi non ci sono segni di una partenza imminente o pressioni in tal senso. Tuttavia, è evidente che il progetto dell’Atlético di Madrid di quest’anno è il più ambizioso degli ultimi dieci anni, con oltre 180 milioni di euro spesi e un livello di aspettativa notevolmente aumentato.

Il presidente dell’Atlético, Enrique Cerezo, aveva accennato a questo all’inizio della stagione. Non sarà sufficiente qualificarsi per la Champions come nelle edizioni passate. Di conseguenza, l’avvio di questo campionato è stato piuttosto deludente, con la squadra a sette punti dalla capolista dopo solo nove partite e una pesante sconfitta in Champions nella seconda giornata.

Perciò, al di fuori del nostro paese, alcuni esperti osservano e riflettono su come possa evolversi questa stagione e i prossimi anni con Simeone al timone. Un rinomato quotidiano come ‘The Times’, che non si occupa spesso di questioni riguardanti l’Atlético di Madrid se non sono particolarmente rilevanti, ha paragonato la situazione di Simeone a quella di Arsène Wenger all’Arsenal, mettendo in discussione la sua permanenza nel club.

Recentemente, ‘The Times’ ha pubblicato un’analisi approfondita riguardo la condizione dell’allenatore argentino. Il giornale ha dichiarato che Simeone è passato dall’essere “una forza inarrestabile” a “una parodia incontrollata di se stesso”, evidenziando che la sua attuale situazione deriva da una sorta di invulnerabilità personale. “Fino a poco tempo fa, sembrava una figura desiderata da tutti i grandi club, ma la sua magia sembra essersi spenta, e il suo declino ricorda i momenti finali di Wenger all’Emirates”, ha scritto il giornalista James Gheerbrant.

Arsène Wenger ha guidato l’Arsenal in 1.235 sfide sul campo. Il match numero 1.232, che si svolse nell’ultima annata di Wenger, vide di fronte l’Atlético Madrid e l’Arsenal, nel ritorno delle semifinali dell’Europa League 2018. Dopo un pareggio nella gara d’andata, l’Arsenal subì una sconfitta di 1-0, ma fu chiaramente sopraffatto da un avversario che rappresentava tutto ciò che lui non era: potente, aggressivo, coeso nella sua disciplina e maestria. Quella partita, l’ultimo atto di Wenger, sembrava una rappresentazione simbolica, con una metafora visiva che metteva in risalto le differenze tra i due allenatori. Diego Simeone, il tecnico dell’Atlético, espulso nella prima partita, assistette all’incontro da un alto balcone, vestito di nero, come un sicario a un funerale mafioso, mentre Wenger, in giacca grigia, si affacciava dal suo scranno, apparendo quasi trascurato. Nonostante avessero condiviso il panorama calcistico per anni, sembrava che i due uomini appartenessero a mondi professionali diversi. In particolare, negli ultimi tempi, Wenger affrontava il calcio come se fosse una disciplina in declino che solo lui riusciva a trasmettere con dovizia, mentre per Simeone il calcio rappresentava un’arena di battaglia, un atto di conquista e una prova di determinazione.

Non sorprende che l’analisi condotta dal ‘Times’ lodi i risultati ottenuti da Simeone. “La sua permanenza all’Atlético, che ha superato di quasi cinque anni quella dei successivi allenatori più duraturi in Champions League, Pep Guardiola e Gian Piero Gasperini dell’Atalanta, è segno della qualità del suo lavoro. Con due titoli di LaLiga, due vittorie in Europa League e due finali di Champions, il suo curriculum è davvero notevole. Nel 2020, la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio lo ha eletto come il miglior allenatore del decennio. Insieme a Jürgen Klopp, è stato uno dei due protagonisti principali nel rendere un’era prevalentemente dominante e poco competitiva del calcio di club intermittenza emozionante”, si legge nel rapporto.

Tuttavia, viene sottolineato che “recentemente la sua magia sembra svanita”. A questo proposito, viene aggiunto che “dall’ultimo titolo di Liga vinto dall’Atlético nel 2021, la squadra non è mai stata vicina a conquistare altri trofei. Negli ultimi tre campionati, ha chiuso a 15, 11 e 19 punti dalla vetta; in questa stagione, dopo nove partite, con cinque pareggi e quattro vittorie, è già a sette punti dal Barcellona. In Champions League, che ha visto alcuni dei suoi momenti più indimenticabili, anche i risultati hanno mostrato un declino”.

Il ‘Times’ critica anche la gestione della rosa da parte di Cholo, evidenziando che ha intrapreso un percorso opposto a quello di Wenger, cercando giocatori più anziani, lenti e con scarse abilità tecniche.

È particolarmente allarmante la crescente impressione che il legame tra il team e il suo pubblico, uniti per molto tempo, stia cominciando a vacillare. Dopo aver sperimentato un approccio più offensivo e incentrato sul possesso nelle ultime due stagioni, e nonostante l’investimento di oltre 150 milioni di sterline in giocatori del calibro di Julián Álvarez, Conor Gallagher e Robin Le Normand, le tendenze più autodistruttive dell’Atlético stanno testando la pazienza anche dei tifosi più devoti, come riferisce la testata.

Secondo il giornale britannico, Simeone sembra aggrapparsi a un’idea per cercare di resistere o rischiare tutto, e la sua avventura all’Atlético di Madrid potrebbe avviarsi verso la conclusione. “Per quanto possa suonare strana questa similitudine, Simeone si sta avviando a diventare il Wenger degli anni 2020: risentito dai sostenitori che un tempo lo osannavano, scivolando in una parodia di se stesso, minato dalla sua stessa invulnerabilità. Per quasi tutti gli allenatori, è la minaccia del licenziamento che alimenta la motivazione a migliorare e evolvere. Essere il tecnico più pagato al mondo, rappresentare l’identità moderna della propria squadra e aver conquistato il diritto di scegliere come e quando lasciare il proprio ruolo sono segni di straordinario successo, ma possono anche sfociare in una situazione di stagnazione,” aggiunge.

E conclude con una dura riflessione: “Il gioco è mutato da quando Simeone è arrivato all’Atlético nel 2011. Il lavoro svolto è fonte di rispetto e ammirazione, ma non più di emulazione. È diventato sempre più plausibile che questo magnifico mostro da lui creato possa rappresentare la sua opera più importante. Negli ultimi 14 anni, ogni istante di vigilanza è stato dedicato a questo progetto. Con il passare del tempo, sembra sempre più possibile che lo divori anch’esso.”

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