La rotazione della squadra rappresenta un costo per l’Athletic nel contesto europeo

Dopo aver visto la partita, è facile esprimere giudizi. Il pareggio ottenuto a Valladolid lascia un po’ di amaro in bocca, considerando che la squadra è sembrata in difficoltà contro un avversario piuttosto scarso, impegnato solo a garantirsi la salvezza. In molti erano convinti che con i giocatori titolari la vittoria fosse certa.

Eppure, il bilancio è solo un tiro in porta da registrare. È davvero un peccato e la qualificazione per la Champions sembra allontanarsi. Ma Valverde ha la responsabilità di gestire il gruppo fino alla fine della stagione. La mancanza di energie è evidente.

Tre pareggi consecutivi in campionato non sono sufficienti. Giocare in Europa comporta queste sfide. La squadra, priva di Iñaki Williams, Unai Simón, Vivian, Galarreta, Sancet, Yuri e Guruzeta, perde gran parte della propria identità. È come sorseggiare un caffè decaffeinato di bassa qualità. Se poi si presentano in campo alcuni giovani inesperti, si ha l’impressione di aggiungere latte d’avena senza grassi e dolcificante. Vedere Adama, Julen, Prados, Unai Gómez, Jauregizar e Serrano in campo insieme non ispirava fiducia. Tuttavia, Valverde non ha alternative. La rosa è quella che è e la stanchezza è palpabile. Questo porta a sovraccarichi e infortuni. Senza sprintare e senza imporre il proprio ritmo, non si possono ottenere risultati. È fondamentale dosare bene le energie. D’altro canto, la squadra non sta andando male; non perde da Girona, dove ha sbagliato tre rigori. Escludendo quell’infausto incontro, l’ultima sconfitta risale a fine agosto, in seguito a un gol miracoloso di Correa nel recupero. Dunque, non è poi così disastroso.

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