La giustizia nel calcio non è affatto cieca

Il concetto di giustizia, indipendentemente da come viene rappresentato, dovrebbe essere universale per tutti. Fin dai tempi antichi, la figura della giustizia è stata raffigurata con gli occhi bendati, simbolo della convinzione che essa debba essere applicata in modo obiettivo, senza favoritismi o paure, a prescindere dall’identità della persona sotto giudizio.

Tuttavia, come possiamo aspettarci che i giudici agiscano con equità, considerando che sono esseri umani, proprio come noi, soggetti alle stesse debolezze insite nella natura umana? Se poi allarghiamo questa riflessione al contesto calcistico, un mondo pieno di dinamiche complesse, la situazione diventa ancora più intricata.

Qui, passioni e interessi si intrecciano in modi complicati, a volte creando scenari grotteschi. Questo ci porta in modo naturale a considerare l’arbitraggio di Gil Manzano durante la partita di domenica scorsa al Villamarín. È complicato, anche cercando di mantenere una certa obiettività e distacco dalle proprie opinioni, giustificare le decisioni del direttore di gara proveniente dall’Estremadura. Imanol, l’allenatore, ha lamentato questa ingiustizia. Anche se non è il primo episodio di questo genere a cui assistiamo, è sicuramente quello più recente e quello che suscita maggiore indignazione. È possibile perdonare un professionista per un errore, ma ciò che risulta intollerabile è un atteggiamento palesemente parziale. Le parole di Imanol, pronunciate al termine del match, evidenziano una chiara tendenza di Gil Manzano, soprattutto considerando che il mister della Real Sociedad ha di solito evitato di esprimere giudizi sui dirigenti di gara.

È fondamentale considerare che non abbiamo modo di accertare quali fossero gli eventuali interessi che hanno influenzato le decisioni dell’arbitro, ma anche solo il dubbio è già di notevole gravità. Ancora non si può dire che il lavoro sia concluso. La partita di giovedì scorso in Danimarca ha confermato ciò che molti di noi già sospettavano: la Real Sociedad è nettamente superiore al Midtjylland. Tuttavia, la qualificazione non è ancora garantita, poiché la Real è attualmente tutto fuorché un team affidabile. Gli scandinavi hanno messo in evidenza le loro caratteristiche, saldamente basate su un imponente fisico, e supportate da fattori come le condizioni climatiche, il terreno di gioco e un’enorme motivazione per superare un avversario più forte, fattori che potrebbero portare a un risultato sorprendente. La loro linea d’attacco è la principale fonte di preoccupazione, con due ali come il cileno Osorio, responsabile di mettere in difficoltà il giovane Balda, e il piccolo Simsir, che pur avendo un fisico poco appariscente, è abile nel dribbling. Al centro, si trova il polacco Buksa, che sembra essere in forma straordinaria. Questi elementi non dovrebbero in alcun modo mettere a rischio il futuro della competizione… a meno che non sia la stessa Real a rendere il tutto più complicato.

Un altro aspetto interessante è l’ascesa del croato Luka Sucic, che si sta rivelando una delle piacevoli sorprese negli ultimi tempi. La sua presenza era attesa da un po’, ma, sebbene avesse mostrato a intermittenza alcune qualità, sembrava mancare di continuità, di impatto e, soprattutto, di adattamento al ritmo del campionato. Adesso, sembra che il giocatore croato stia finalmente trovando la sua strada.

La solitudine del portiere è un argomento su cui ho riflettuto in precedenti occasioni, e suscita in me una particolare emozione. La figura del portiere è, senza dubbio, la meno apprezzata, spesso bersaglio di critiche e poco valorizzata. Unai Simón, dopo l’errore clamoroso commesso domenica scorsa, è sotto accusa da parte di una parte del suo stesso pubblico. Sembra che abbiano dimenticato quanti punti ha contribuendo a guadagnare alla sua squadra. Questa situazione mi infastidisce.

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