“Forse il Siviglia non era la squadra giusta per me.”

Marko Dmitrovic ha ormai superato il suo periodo al Sevilla. Inizialmente giunse come riserva di Bono, riuscendo poi a conquistarsi un posto. Con l’uscita del portiere marocchino verso l’Arabia Saudita, sembrava che finalmente avesse l’opportunità di giocare da titolare.

Tuttavia, affrontò delle difficoltà, e il norvegese Nyland, arrivato in situazioni analoghe, lo sopravanzò nella scorsa stagione. Così, ha scelto di lasciare la squadra la scorsa estate e ora, mentre si trova al Leganés, riflette sul passato. In un’intervista a ‘Relevo’, il serbo ha rivelato alcuni aspetti della sua esperienza a Sevilla, ammettendo che ha vissuto dei momenti complicati.

“Concludevo la mia ultima stagione al Sevilla e capivo che fosse meglio per tutti che me ne andassi. Quel scorso anno è stato molto difficile per me, sia dal punto di vista personale che professionale. Non che avessi perso la voglia di mettermi in gioco, ma ero consapevole della necessità di cambiare ambiente e ritrovare me stesso. So che, quando sono al 100%, sono un ottimo portiere e molto affidabile. A Sevilla, specialmente nell’ultimo anno, non riuscivo a mostrare il mio valore e sentivo che era giunto il momento di ritrovarmi. Non mi stressa cercare le cause: potrebbe essere che il club non fosse adatto a me o che avessero bisogno di un altro tipo di portiere… Sapevo che neanche il club avrebbe ostacolato il mio trasferimento, dato che entrambi eravamo d’accordo su questo”, ha dichiarato. Dmitrovic ha riconosciuto che vivere all’ombra di Bono è stato impegnativo, ma ciò che più lo ha colpito è stata la sconfitta nella competizione con Nyland. “Nel terzo anno, quando Mendi mi ha escluso, ho attraversato un periodo molto difficile, con poca motivazione e voglia di lottare. Ho dovuto reagire e non avevo la stessa forza di rivalsa di altre volte. Ero stanco, e sentivo che era il momento di cambiare aria. Non ho nulla da rimproverare al Sevilla, sono stati tre anni fantastici e sono solo dinamiche del calcio”.

Ricordo con piacere molti momenti significativi della mia carriera: il mio esordio in Champions, il trionfo in Europa League e le convocazioni in Nazionale. Ogni esperienza è stata un’opportunità di crescita sia personale che calcistica.

Parlando della competizione con Bono, devo dire che in quel periodo era considerato uno dei migliori portieri a livello globale. Ho sempre avuto una forte determinazione nel lavoro. Dopo diversi anni, mi sono ritrovato di nuovo a ricoprire il ruolo di portiere di riserva, un’esperienza non facile per me. I tre anni trascorsi al Sevilla sono stati molto impegnativi, anche se ci sono stati momenti positivi legati ai trofei vinti. Essere il secondo portiere comporta delle sfide: non puoi permetterti di abbassare la guardia, poiché non sai mai quando ti verrà data l’opportunità di scendere in campo. E quando arriva quel momento, è fondamentale dimostrare il proprio valore, cosa che diventa complicata senza una continuità di gioco. Nel secondo anno, ho giocato con maggior frequenza e sono riuscito a superare Bono nella gerarchia. Quando è andato via, ho sentito di poter essere il primo portiere del Sevilla, ma durante la preparazione estiva ho capito che avrei potuto fare meglio. Mi sono imposto una pressione ulteriore, sentendo la necessità di brillare, ma ho dovuto rendermi conto che non è sempre così semplice.

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