La Real de Olabe e la Real de Bretos

Mentre il primo team della Real Sociedad fatica a raggiungere gli obiettivi europei – come molti dei suoi concorrenti – all’interno del club si sta verificando, seppur in modo quasi impercettibile, un trasferimento di poteri: Roberto Olabe è in procinto di lasciar il suo incarico e Eric Bretos prenderà il suo posto nella direzione sportiva.

Questa transizione è tutt’altro che insignificante, nonostante il profilo della nuova figura scelta somigli molto a quello di chi lo ha preceduto. Infatti, Bretos ha vissuto un’importante esperienza al fianco di Olabe, apprendebdo sotto la sua guida. Negli ultimi anni, era difficile immaginare Olabe senza Bretos, quasi come se fossero inseparabili.

Sottolineo che la questione non è da sottovalutare, poiché Olabe ha impresso una sua visione al club, conferendogli struttura e un metodo di lavoro distintivo, e l’arrivo di una nuova figura porterà inevitabilmente a un certo grado di incertezza. È innegabile che il lavoro realizzato da Olabe rappresenterà una solida base per il futuro, e non penso che Bretos tenga a smantellare quanto costruito dal suo predecessore. Non solo sarebbe inopportuno, ma nemmeno giusto giudicare Olabe esclusivamente in base al successo o meno delle sue scelte di mercato; la sua eredità include una serie di iniziative che hanno dato stabilità e forza al club, e questi contributi rimarranno nel tempo. Tuttavia, è lecito pensare che il nuovo direttore sportivo cercherà di far valere il proprio approccio, adottando alcune indicazioni legate all’eredità di Olabe, ma anche introducendo elementi innovativi.

Ci saranno sicuramente alcune novità, anche se non si prevedono elementi particolarmente strabilianti, almeno inizialmente, e la questione del nuovo allenatore rimane ancora irrisolta. Credo di poter affermare senza sbagliare troppo che le condizioni siano più favorevoli a un cambiamento. Vedremo come si svilupperà la situazione.

Riflettendo su Jon Martín, non posso fare a meno di paragonarlo a Cubarsí. È vero, le similitudini possono essere fastidiose e ogni calciatore è unico nel suo genere, ma non ho saputo resistere alla tentazione di fare questa analogia. La carriera del difensore di Estanyol è stata fulminante; a soli diciotto anni, sembra già un professionista affermato. Il suo modo di comportarsi, sia dentro che fuori dal campo, lo rende un calciatore straordinario.

Osservando i progressi di Jon Martín, ho notato alcune qualità che lo avvicinano a quelle del giocatore del Barcellona. Jon oggi compie 19 anni e, sebbene non abbia avuto molte occasioni, ha già dimostrato il suo valore. Ha una fisicità impressionante, che gli consente di prevalere nei duelli, sia aerei che a terra; ha un buon fiuto per il gol quando si tratta di calci d’angolo. Inoltre, è degno di nota il suo straordinario senso di anticipazione nelle azioni, un’abilità in cui anche Cubarsí si distingue. Hanno già condiviso il campo nelle giovanili spagnole, con molte altre sfide che li attendono.

E come direbbe sicuramente il buon Alfredo Castillo, “che follia” questo campionato! Con l’espansione dei posti disponibili per le squadre europee nella prossima stagione, la corsa per assicurarsi gli ultimi posti sembra essersi trasformata in una competizione per capire chi riesce a destreggiarsi con meno imbarazzo degli altri. Ecco cosa accade quando si seguono criteri che portano a una chiara svalutazione dei tornei europei.

Ancora una volta si riporta alla mente il dramma di Mendizorrotza. È difficile non pensare a quel triste 8 giugno 2008 quando la Real Sociedad torna a visitare il campo del Alavés. Oggi questa sfida si presenta in una situazione complessa per i padroni di casa, simile a quella di allora, mentre per la Real le cose sono meno gravi, ma anche loro cercano disperatamente i punti in palio. Anche oggi, come accadeva in passato, non sarà possibile accontentare entrambe le formazioni: una dovrà subire una sconfitta mentre l’altra avrà la vittoria, anche in caso di pareggio.

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