Argomenti trattati
Il declino del ciclismo italiano
Bruno Reverberi, figura storica del ciclismo italiano, ha recentemente condiviso le sue riflessioni sullo stato attuale del ciclismo nazionale. Con un passato ricco di successi e una carriera che si estende per oltre quarant’anni, Reverberi ha vissuto in prima persona il declino di un movimento che un tempo era fiorente.
“Noi avevamo 16 squadre, adesso ci siamo ridotti a tre”, ha affermato con rassegnazione, sottolineando come la qualità sia venuta meno nel panorama ciclistico italiano. La sua squadra, la VF Group Bardiani-CSF Faizanè, è l’unica vera rappresentante italiana nel ranking UCI, mentre le altre due squadre hanno sedi all’estero, in Spagna e a Montecarlo.
Le sfide economiche del ciclismo
Il ciclismo professionistico oggi si confronta con realtà economiche molto diverse rispetto al passato. Reverberi ha messo in evidenza come le squadre di alto livello dispongano di bilanci che superano i 50 milioni di euro all’anno, mentre la sua squadra opera con un budget di soli 5 milioni. “Riusciamo a tirare avanti perché i corridori prendono poco più del minimo”, ha dichiarato, evidenziando le difficoltà nel mantenere una squadra competitiva in un contesto così sfavorevole. Questa disparità economica rende quasi impossibile competere alla pari con le squadre più forti, creando un divario sempre più ampio nel ciclismo professionistico.
Un’eredità di campioni
Nonostante le sfide attuali, Bruno Reverberi guarda con orgoglio al suo passato e ai tanti corridori che ha lanciato nel professionismo. Tra i nomi più noti ci sono Alessandro Petacchi, Dario Guidi, Davide Cassani e Sonny Colbrelli, tutti campioni che hanno contribuito a scrivere la storia del ciclismo italiano. A 80 anni, Reverberi ha deciso di raccontare la sua vita in un libro, un’opera che non solo celebra i successi, ma riflette anche sulle difficoltà e le trasformazioni del ciclismo. In un’epoca in cui Tadej Pogacar è considerato uno dei migliori corridori, Reverberi non ha dubbi: “Il più forte di tutti è stato Eddy Merckx”. Questa affermazione sottolinea non solo la grandezza del belga, ma anche la percezione di un’epoca d’oro che sembra lontana.