I videogiochi negli anni sono diventati sempre più oggetto di tornei, tanto da dare vita agli e-sports o gaming di competizione. Gli sport elettronici, da cui il prefisso e, si disputano tramite le consolle di gioco e sono aperti a professionisti, semi professionisti e amatori.
Hanno preso molto piede in pochissimi anni se pensiamo alla svota digitale delle consolle e sono diventati ormai un fenomeno mondiale.
Gli esports possono essere disputati in solitaria o in squadra, in base al tipo di competizione e ai videogiochi oggetto delle gare. Come tutti i videogame, anche gli esports sono decisamente inclusivi. Non ci sono limiti di età, razza o sesso per partecipare ma contano solo le skills maturate durante le ore di gioco e le abilità individuali o messe a disposizione del team.
Gli esports si giocano su vari tipi di consolle o PC e si sono evoluti dalle prime gare fino ai moderni tornei, tanto da diventare un fenomeno competitivo mondiale e da aver visto crescere in maniera vertiginosa il numero di fan e appassionati.
L’aumento di interesse e di numero di utenti coinvolti nelle competizioni, ha fatto sì che gli esports diventassero attrattivi anche per sponsor e main partner, aumentando quindi anche i budget dedicati ai premi messi in palio.
Ad oggi questa è a tutti gli effetti un’industria: gli esports sono competizioni di giochi elettronici da milioni di euro. Quando ci troviamo di fronte a squadre con allenatori e sponsor possiamo parlare di esports per professionisti che vengono ingaggiati per competere in grossi tornei dal vivo o on line. Come per tutti gli sport, anche nel caso degli esports c’è una gavetta che parte dai tornei amatoriali per farsi conoscere e diventare accreditati.
Se si diventa PRO, anche per gli esports sono previsti impegni di allenamento, viaggi per i tornei, eventi e iniziative organizzate dallo sponsor. Insomma una carriera sportiva a tutti gli effetti. Ciò genera naturalmente un grosso indotto anche in termini di fan base. Gli esports vengono seguiti, il più delle volte in streaming su Twitch o YouTube, da tifosi appassionati che supportano il singolo o le squadre, con lo stesso ardore con cui si seguono i personaggi sportivi “tradizionali”.
Dalla prima gara di videogiochi organizzata nel 1972 a Stanford, in cui la rivista Rolling Stone metteva in palio un abbonamento di un anno e alla quale presero parte circa una ventina di studenti, a oggi il passo è mostruoso. Negli anni ottanta le grandi case di videogame organizzarono competizioni di esports sempre più grosse e strutturate, coinvolgendo moltissime persone e aziende e rendendo questo sport un business non più di nicchia.
Con l’avanzare della tecnologia, e degli anni novanta, internet e la possibilità di seguire gli esport anche fuori dalle sedi fisiche, siamo arrivati alla dimensione globale del fenomeno che, a oggi, conta un indotto di circa due milioni di dollari. Dal 2014, una sezione del CONI chiamata Giochi Elettronici Competitivi, regolamenta tornei, associazioni e campionati degli esports e non è escluso che possiamo trovare la disciplina alle Olimpiadi del 2024.
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