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Al giorno d’oggi vengono chiamati eSports o gaming da competizione, ma alla loro base ci sono i videogiochi. Una passione che accumuna grandi e piccini, che sta sfociando sempre di più in gare sportive.
Gli eSports – o gaming competitivo – sono una forma di competizione elettronica organizzata che avviene tramite e attraverso i videogiochi. Il prefisso “e” sta per “electronic” e sottolinea il carattere digitale di questo fenomeno piuttosto recente. Alla base del gaming competitivo ci sono i videogiocatori, che possono essere di diverso tipo: professionisti, semiprofessionisti o amatoriali. Questa caratteristica rende unici gli eSports, perché sono inclusivi e, soprattutto, potenzialmente fruibili da chiunque.
I partecipanti si affrontano individualmente o sottoforma di team, al fine di superare la concorrenza degli avversari. I formati di competizione e le formule dei tornei sono piuttosto vari: si parte dalla più classica delle sfide 1 contro 1, per poi passare a scontri di coppia 2vs2, fino a battaglie in team di 3 contro 3, 4 contro 4 e così via. Una competizione di videogiochi può svolgersi su qualsiasi piattaforma: PC, console o mobile.
Negli ultimi anni il fenomeno ha raccolto il consenso delle grandi platee, e sempre più giocatori si cimentano e tentano di sfondare negli eSports. I migliori militano all’interno di squadre organizzate, con sponsor e allenatori: in questi casi parliamo di videogiocatori professionisti, i cosiddetti Pro Player. Un videogiocatore professionista solitamente è ingaggiato da una squadra eSports per competere nelle maggiori competizioni ufficiali.
La prima gara ufficiale di videogiochi risale al lontano 1972. Si svolse a Stanford, e fu organizzata dalla rivista Rolling Stone, che mise in palio un abbonamento di un anno al proprio numero e alla quale presero parte circa una ventina di studenti. Già negli anni ’80 le grandi case di videogame organizzavano competizioni videoludiche sempre più grosse e strutturate, continuando a far diventare questo business non più di nicchia. Il punto di svolta si ebbe negli anni ’90, con la diffusione di Internet e la conseguente possibilità di seguire gli eSport anche fuori dalle sedi in cui si svolgevano i tornei.
A livello italiano, dal 2014 esiste una sezione del CONI – Comitato olimpico Nazionale italiano – chiamata Giochi Elettronici Competitivi: regolamenta tornei, associazioni e campionati degli eSports e mira a portare gli “atleti” nostrani alle Olimpiadi del 2024, se mai il gaming competitivo divenisse uno sport olimpico.
Come predetto, in questi anni gli eSports si sono evoluti e si sono aperti al grande pubblico: hanno iniziato a coinvolgere numerosi attori, affermandosi come fenomeno internazionale. L’organizzazione di campionati e tornei di carattere globale hanno incrementato vertiginosamente il numero dei fan.
In origine, le competizioni erano per lo più amatoriali e i montepremi in palio di poche migliaia di euro. Oggi, invece, parliamo di un’industria strutturata e in perenne crescita, per niente satura a differenza di altri sport “tradizionali”. Basti pensare a uno degli eventi più importanti del mondo degli eSports: si parla del The International, culla dei migliori giocatori di DOTA 2, il più famoso videogioco MOBA – Multiplayer Online Battle Arena – del mondo. L’edizione del 2021 ha visto un primo premio da oltre 40 milioni di dollari.
Oltre alla competizione, un aspetto fondamentale di questi sport è quello intrattenitivo. Moltissimi giovani passano del tempo a seguire le partite dei propri team preferiti, come veri e propri tifosi. La modalità di fruizione principale degli esports è sicuramente lo streaming. In particolare, le piattaforme di live streaming (come Twitch e Youtube) garantiscono la possibilità di trasmissione di un evento dal vivo al grande pubblico, assicurandone l’accessibilità e aumentandone la portata.
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