Capita spesso che gli atleti professionisti si spingano oltre i propri limiti per raggiungere degli obiettivi. Tuttavia, degli allenamenti particolarmente intensi possono condurre a un calo delle performance. Ci sono anche dei casi in cui, dopo appropriati periodi di riposo, l’atleta mostra una maggiore performance, in quanto avviene un effetto di “sovra-compensazione”. Il fenomeno è anche noto con il nome di “overreaching funzionale”.
Un overreaching non funzionale si ha quando il sovrallenamento è prolungato nel tempo. In tal caso si ha una costante caduta delle performance, mentre il corpo non è in grado di recuperare dalle numerose fatiche. Se una tale condizione viene ignorata, essa può degenerare in una “sindrome da sovrallenamento” (OTS). Questa è caratterizzata da un inspiegabile ma costante calo delle prestazioni, oltre che da altri sintomi quali fatica cronica, sonno difficile, picchi di depressione e mancanza di motivazione.
Recuperare da un OTS richiede un lasso di tempo che va da un mese fino a diversi anni. In alcuni casi è necessario sospendere per sempre ogni attività sportiva. Un overreaching funzionale viene invece solitamente recuperato in una settimana.
Ci sono altri sintomi che aiutano a identificare la sindrome da sovrallenamento. In particolare, due sono di grande importanza: infezioni e immunodepressione. Questi possono essere sia una causa che una conseguenza dell’OTS. Degli studi hanno infatti dimostrato che il sovrallenamento può portare sia a delle malattie al tratto respiratorio superiore sia a un incremento della durata dell’immunodeficienza.
Di conseguenza, se sono presenti tali sintomi, è necessario adottare un approccio sistematico. Innanzitutto bisogna accertarsi dell’esclusione di malattie organiche, endocrinologiche e di qualsiasi disturbo allergico o dietetico.
In secondo luogo bisogna procedere con l’identificazione di errori nelle sessioni di allenamento. Essi variano da una semplice monotonia a un improvviso incremento dell’intensità, passando per altri fattori ambientali e competitivi.
In conclusione, non c’è un unico ed effettivo segnale per identificare e prevenire l’OTS. Ciò che serve è un costante monitoraggio della performance sotto ogni punto di vista: biochimico, psicologico, fisico, fisiologico e immunologico.
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