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Lewis Hamilton ha raggiunto uno dei suoi più grandi obiettivi. Il pilota della Mercedes è diventato campione del mondo di Formula 1 per ben sette volte, eguagliando il record di Michael Schumacher. La storia del talento inglese è lunga e, a tratti, travagliata: dall’infanzia sul go-kart costruito dal papà fino ai trofei alzati al cielo, uno dopo l’altro.
Una storia non soltanto di vittorie in pista, ma anche nella vita.
La storia di Lewis Hamilton: dai go-kart alla F1
Lewis Hamilton nasce a Stevenage, nel Regno Unito, il 7 gennaio 1985. Soltanto due anni dopo i genitori, Anthony Hamilton (di origini caraibiche) e Carmen Larbalestier, si separano.
Il bambino vive con la madre, ma fin da subito viene attratto da una passione che lo lega visceralmente al padre: i motori. Quando ebbe compiuto sei anni proprio da lui gli venne regalato un automodello elettrico. “Papà, papà, le batterie sono finite“, ripeteva instancabile.
Il passatempo divenne un vero e proprio sogno quando il piccolo Lewis Hamilton venne fatto salire per la prima volta su un kart. Il papà Anthony comprese immediatamente che non sarebbe finita lì. Per questo motivo si indebitò per permettere al figlio di partecipale alle corse automobilistiche giovanili.
“Papà aveva quattro lavori per farmi continuare a correre e io dormivo su un divano. Sognavamo di fare qualcosa, qualcosa di completamente fuori dalla nostra portata: correre in Formula 1. Per essere una famiglia con pochi soldi sembrava una cosa da pazzi. La gente ridacchiava“, ha raccontato Lewis Hamilton.
Il giovane pilota avrebbe però presto ripagato i sacrifici del padre. Nel 1995 con il suo go-kart vinse il campionato cadetto britannico. A notarlo due anni dopo fu la McLaren, che gli propose di entrare nel Young Driver Development Program. Aveva soltanto 12 anni e il suo sogno era vicino a realizzarsi. “Un giorno guiderò le tue macchine“, aveva detto a Ron Dennis da bambino. Il divario economico con i contendenti, provenienti da famiglie benestanti, fu presto annientanto in pista.
Gli anni con la McLaren
La scuderia di Ron Dennis seguì Lewis Hamilton nella sua scalata nelle serie automobilistiche minori. Qui conquista vittorie su vittorie (ultima quella nell’attuale Formula 2), che lo portano nel 2007 all’esordio in Formula 1, proprio con la McLaren, in Australia al fianco di Fernando Alonso. Il talento del giovane pilota di origini caraibiche fu subito palese. Già nella prima stagione arrivò ad un soffio dal titolo mondiale, ottenuto poi da Kimi Raikkonen.
Nel 2008 non mancò, invece, l’impresa. La lotta con il rivale Felipe Massa fu avvincente. Dopo la vittoria nel Gran Premio della Cina Lewis Hamilton aveva 7 punti di vantaggio su quest’ultimo, per cui per vincere il titolo era sufficiente il quinto posto nel Gran Premio del Brasile. Il pilota inglese concluse la gara proprio al quinto posto, con un sorpasso a due curve dal traguardo. Si laureò così campione del mondo. Il più giovane nella storia in quel momento, a 23 anni e 9 mesi. Soltanto Sebastian Vettel due anni dopo riuscì a superare il record.
Lewis Hamilton restò alla McLaren fino al 2012, ma quello del 2008 fu il primo e l’unico titolo mondiale che riuscì a vincere, complice la supremazia della Redbull in quegli anni.
Il trasferimento alla Mercedes e i sei titoli
A settembre del 2012 Lewis Hamilton annunciò il trasferimento alla Mercedes. Avrebbe preso il posto di Michael Schumacher, che da lì a pochi giorni avrebbe annunciato il ritiro. Sulla sua monoposto con il numero 44 ha riscritto la storia, vincendo sei titoli mondiali (2014, 2015, 2017, 2018, 2019 e 2020).
La stagione 2020 è la più significativa, al momento, della carriera del pilota inglese. Nel Gran Premio di Portogallo, sulla pista di Portimao, ha raggiunto le 92 vittorie in F1, superando il record di Michael Schumacher. Non si tratta, tuttavia, dell’unico record. Con la vittoria (la 94esima) del Gran Premio di Turchia, infatti, si è matematicamente aggiudicato il settimo titolo mondiale, eguagliando il campione tedesco.
La carriera di Lewis Hamilton, ad ogni modo, è ancora tutta da scrivere. Una storia fatta non soltanto di sorpassi, ma soprattutto di rivincite: da un lato dal punto di vista economico, dall’altro di quello etnico. Chi non credeva in lui, a differenza di papà Anthony, ha perso una grande scommessa.